Le ragioni per il quale nacque l'unità d'italia, altro che sentimenti partiottici del re Savoiardo
5 luglio 1830, lo zolfo siciliano va a Parigi!
tratto da
Istituto di ricerca storica delle Due Sicilie http://istitutoduesicilie.blogspot.it/
“FERDINANDO II. per la grazia di dio re del regno
delle due sicilie, di gerusalemme ec. duca di parma, piacenza, castro ec. ec. gran principe ereditario di toscana ec.
ec. ec.
Dovendosi
stipulare il contratto di società con la compagnia Taix Aycard e Comp. per lo
spaccio degli zolfi de’nostri reali dominii di là del Faro; Abbiamo risoluto di
decretare, e decretiamo quanto segue:
art.
1. Il nostro Ministro Segretario di Stato degli affari interni è autorizzato ad
intervenire nel nostro real nome alla stipula dell’anzidetto contratto.
art.
2 Lo stesso nostro Ministro è incaricato della esecuzione del presente decreto.
Firmato,
FERDINANDO.
Il
Ministro Segretario di Stato degli affari interni. Firmato, Nicola Santangelo.
Il
Conigliere Ministro di Stato Pres. Interino del Cons. de’Ministri. Firmato, Marchese Ruffo.”
E’ con
questo decreto, firmato dal Re delle Due Sicilie Ferdinando II di Borbone il 5
luglio 1838, che si apre uno degli scontri economici e politici più duri tra
Sua Maestà Siciliana e il Governo Britannico. Uno scontro passato alla storia
come “Guerra degli zolfi” e che sarebbe potuto rapidamente trasformarsi in
guerra se non ci fosse stata la mediazione della monarchia francese. Durante
uno dei suoi viaggi in Sicilia, Ferdinando II, aveva visto con i propri occhi
la miseria generata dallo sfruttamento britannico dello zolfo siciliano. Uno
sfruttamento che trovava le proprie radici all’epoca della rivoluzione
francese, quando il Regno di Napoli si trovò a dipendere dalla protezione della
flotta inglese, e che negli anni ’30 dell’ottocento non trovava più
giustificazioni. Le ragioni erano di carattere morale ma soprattutto economico.
LO ZOLFO
E LA SUA ESTRAZIONE
Conosciuto
già in epoca antica, furono i romani a utilizzare lo zolfo a fini bellici impiegandolo
come miscela con altri combustibili. Nulla di paragonabile all’uso che se ne
sarebbe fatto a partire dalla fine del 1700 quando la scoperta del metodo Leblanc
consentì una produzione su scala industriale. Ad ideare il sistema fu il
chimico Nicolas Leblanc che partecipò con esso ad un concorso promosso
dall’Accademia Francese delle Scienze. Il processo produttivo prevedeva la
formazione di solfato sodio cui veniva aggiunto, in un secondo momento, carbone
e carbonato di calcio i quali, riscaldati, consentivano di ottenere il
carbonato di sodio, utilizzato poi nell’industria bellica. A rendere il metodo
Leblanc un problema erano i prodotti di scarto, acido cloridrico e solfuro di
calcio altamente inquinanti e tossici, ma, nonostante questo, esso rimase attivo
fino al 1863 quando il metodo Solvay, che otteneva gli stessi risultati senza
scarti inquinanti, venne adottato dal sistema produttivo inglese (il governo
Palmerston stipulò l’Alkali Act, una vera e propria legge antinquinamento che
favorì la scomparsa del Leblanc). Durante i primi anni dell’800 lo zolfo
divenne un prodotto ricercatissimo soprattutto da quelle potenze
proto-imperialistiche che mantenevano in piedi il proprio impero coloniale ed
economico grazie all’uso della forza, come l’Inghilterra e la Francia.
LO ZOLFO
SICILIANO
Circa
l’80% dello zolfo prodotto all’inizio del XIX secolo in Europa, era frutto del
lavoro dei siciliani. Le attività estrattive si erano intensificate durante
l’epoca napoleonica. Spinti in Sicilia per un decennale esilio, i Borbone si
giovarono del sostegno inglese e gli inglesi estesero la propria influenza
sull’isola e sulle sue attività. Numerosi industriali britannici cominciarono
ad acquistare sempre più fasce di terreno siciliano che si aggiunsero a quelle
concesse dal Sovrano ai più meritevoli tra i suoi alleati (a Nelson fu concessa
la Ducea di Bronte su cui nel 1860-61 si sarebbe verificata la nota repressione
garibaldina) e questa espansione in Sicilia continuò fino al 1812 quando, con
la costituzione siciliana, gli inglesi elessero l’isola a loro protettorato
creando allarme e malumore nella corte borbonica in esilio. La situazione si
modificò radicalmente con il Congresso di Vienna che restituì Napoli a
Ferdinando e soppresse l’indipendenza politica siciliana. Le concessioni
inglesi non vennero ritirare ma, in un clima di rinnovata concordia con il
restaurato Luigi XVIII, anche i francesi cominciarono ad interessarsi al
commercio dello zolfo diventato, a partire dal 1820 una produzione industriale
vera e propria. Tra il 1828 e il 1830, stima il De Blasi, che quasi 40.000
tonnellate di materiale estratto e lavorato in Sicilia, giunse in Francia per
essere lavorato ma la mancanza di imprese produttive e la concorrenza delle
piriti estratte (nonché lavorate) tra l’Umbria e la Toscana, alla fine provocò
un altalenante andamento dei prezzi. Quando Ferdinando II visitò la Sicilia
orientale nel 1836 si fece un quadro ben chiaro della situazione e cercò di
trovare una soluzione cercando una sponda da Parigi.
IL CAOS
FRANCESE
La
trattativa tra il Re delle Due Sicilie e quello dei Francesi non costituiva un
mero passaggio formale. Molte cose erano cambiate, a Parigi. Sostenitore dei
Borbone di Francia, i Sovrani di Napoli nel corso della storia avevano
mantenuto un lungo e complesso rapporto politico e familiare con la Casa di
Francia. Rapporti familiari interrotti dalla rivoluzione e ripresi, seppure con
minore slancio (a causa del nuovo ruolo di potenza minore imposto ai francesi
dal Congresso di Vienna), nel 1815 quando divenne Re di Francia Luigi XVIII,
fratello del defunto Luigi XVI. Con Ferdinando I e suo figlio Francesco i
rapporti erano stretti e intimi tanto che la sorella di Ferdinando II Maria
Carolina, sposò, nel 1816, il principe francese Carlo Ferdinando e, 4 anni dopo,
gli aveva dato un figlio (il futuro Enrico conte di Chambord, pretendente al
trono). La rivoluzione del 1830 spazzò via i Borbone lasciando spazio a Luigi
Filippo d’Orleans, figlio dell’egalité che aveva più che flirtato con la
rivoluzione del 1789 e che era stato in seguito ghigliottinato. I rapporti si
erano così freddati ma l’Orleans, per quanto considerato usurpatore dai
legittimisti, aveva la corona e gestiva gli affari di Francia (seppure fosse,
più demagogicamente, solo Re dei Francesi) e il Re delle Due Sicilie con Luigi
Filippo avrebbe dovuto relazionarsi. Tanto più che proprio Luigi Filippo aveva
in simpatia Napoli e i suoi Sovrani perché era stato loro ospite in Sicilia
negli anni dell’impero Napoleonico e di quella frequentazione aveva conservato
un bel ricordo.
L’ACCORDO
CON I FRANCESI
Tanto
importante era diventata la questione degli zolfi siciliani che Ferdinando II
dimentico delle pretese della sorella, ormai in esilio chiamata Duchessa di
Berry (tale era il suo titolo matrimoniale), si recò a Parigi aprendo un canale
di dialogo stabile con il Re dei Francesi e, in prossimità della chiusura
dell’accordo, evitò di incontrare la sorella che era arrivata a Napoli per
protestare partendo per un improvvisato viaggio verso le province pugliesi. Le
condizioni che i francesi presentavano erano ottime per i Siciliani. Con
l’esplosione della produzione tessile in Francia ed Inghilterra, crebbe la
domanda dello zolfo finalizzato alla creazione di acido solforico
indispensabile a quel settore. Il costo del cantaro di zolfo siciliano passo in
dodici mesi da 11 a 53 carlini, mentre la produzione triplicò toccando i
900mila cantari estratti. Talmente tanto ne venne prodotto che non si sapeva a
chi vendere i minerali che furono ceduti sottocosto. La costruzione di 25 Km di
strada carozzabili da realizzare ogni anno, l’impegno di aprire industrie in
Sicilia per la lavorazione dello zolfo, nonché una revisione al rialzo degli
incassi destinati alle Due Sicilie con aumenti dell’importazione dall’isola
verso la Francia, convinsero Ferdinando alla concessione del monopolio alla
Taix & Aycard
con decreto reale del 10 luglio 1838.
LA
REAZIONE INGLESE
Una
decisione, quella napoletana, che giungeva mentre stava per chiudersi un
trattato commerciale con gli inglesi che miravano a far diminuire i dazi
doganali imposti da Napoli per tutelare le produzioni nazionali. L’accordo con
la Taix minava la capacità britannica di procurarsi lo zolfo. I francesi
avrebbero acquistato ogni anno 600mila cantari di zolfo a 23 carlini l’uno, e “acquistando”
i restanti 300mila cantari di zolfo non estratto a 4 carlini. Sui mercati lo
zolfo cominciò a vendersi a 43 carlini il cantaro, più del triplo rispetto all’anno
precedente. Il ministro degli esteri inglese, Lord Palmerston (che nel 1860
avrebbe brigato con Garibaldi e i piemontesi), fu durissimo e, dopo aver
scatenato la prima guerra dell’oppio, era pronto ad aprire un nuovo fronte nel
Mediterraneo, tanto da inviare una serie di rimostranze ufficiali annunciando l’uso
della flotta militare contro i mercantili bianco gigliati. Approfittando dello
slancio di Ferdinando II verso l’appeasement gli inglesi alzarono il tiro
cominciando a chiedere una riduzione dei dazi e lamentandosi della chiusura
economica delle Due Sicilie che non garantiva la reciprocità commerciale. Le
rimostranze sarebbero state inaccettabili per qualsiasi sovrano e Ferdinando II
prese tempo, avviando trattative con Londra e Parigi. Il 14 aprile 1840, rovesciando
il tavolo del confronto, la tante volte annunciata squadra navale britannica
giunse a Napoli e tre giorni dopo cominciarono le rappresaglie.
LA CRISI
DELLO ZOLFO
Da quel
momento si aprì la vera e propria crisi dello zolfo che per alcuni mesi avrebbe
potuto condurre alla guerra aperta tra la Gran Bretagna e le Due Sicilie.
Ferdinando II non accettò la pressione inglese e ai furti messi in atto dagli
inglesi ai mercantili napoletani davanti Capri il giorno 17 aprile rispose con
un decreto militare con cui ordinava l’armamento delle coste del Regno e
aumentando, giorno 19, le truppe in Sicilia. Il giorno seguente Ferdinando
seguiva la diplomazia accettando la mediazione che, da Parigi, Luigi Filippo d’Orleans,
gli offriva. Nonostante l’apertura di una trattativa ufficiale le navi inglesi
continuarono a minacciare il Golfo di Napoli e Ferdinando il giorno 22 aprile,
ne dispose il sequestro costringendo gli inglesi a sbarcare. Fu l’ambasciatore
britannico a risolvere la situazione arrivando a stipulare il 26 aprile una
convenzione preliminare di accordo con Napoli con cui otteneva la fine del
sequestro della squadra inglese assicurando (come poi effettivamente fu) la
fine delle rappresaglie. A quel punto si doveva capire come uscire da quel cul
de sac. Ferdinando non avrebbe accettato la prepotenza inglese e per ben due
volte, a maggio e a luglio, si recò in Sicilia per una visita articolata tra
Palermo, Messina e Siracusa (una terza volta vi si recò ad ottobre. La Sicilia
che contava era favorevole all’accordo e meno propensa allo scontro militare.
Il 16 maggio si aprì ufficialmente la trattativa a Parigi che il 21 luglio
giunse ai risultati sperati. Il contratto tra il governo siciliano e la Taix fu
annullato dietro pagamento di una forte indennità all’impresa francese ma gli
inglesi dovettero accettare il dazio di estrazione fissato a 20 carlini a
quintale che avrebbero coperto l’abolizione del dazio sul macinato. Un vero e
proprio rinvio ai supplementari visto
che, se Ferdinando era stato costretto ad una marcia indietro, gli inglesi non
apprezzarono l’operato di Palmerston. Il partito Whig perse le elezioni del
1841 e il nuovo governo Tory riprese con maggiore vigore la trattativa
commerciale con Napoli. Nell’accordo del 1845 l’Inghilterra ottenne libertà di
commercio e navigazione ma, non solo avrebbe dovuto garantire condizioni di
lavoro meno massacranti, ma anche una revisione al rialzo degli incassi dei
napoletani (che ottennero l’esclusiva sul commercio di cabotaggio). Una
conseguenza politica fu l’apertura, nel Governo del regno, di un dibattito
politico sull’impostazione economica da dare alle Due Sicilie. Il principe
Cassaro, responsabile degli Esteri, capeggiava il fronte di quelli che
avrebbero voluto una maggiore apertura commerciale del Regno alle altre
potenze. Il suo partito venne sconfitto e Cassaro rassegnò le proprie
dimissioni. La politica delle Due Sicilie era però cambiata e si era aperta
visto che libertà di commercio e navigazione fu sancita anche da accordi con
Francia e Russia (sempre nel 1845) e, negli anni seguenti, ad altri stati
europei.
ROBERTO DELLA ROCCA
Ringrazio Il Cav. Roberto Della Rocca e Istituto di ricerca storica delle Due Sicilie
Ringrazio Il Cav. Roberto Della Rocca e Istituto di ricerca storica delle Due Sicilie
Rocco Michele Renna
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