La lingua Napoletana, un grande valore da proteggere


06.02.2014.sophia  



la lingua napoletana è di fatto parte oltre che della Campania del basso Lazio, dell'Abruzzo e del Molise, della Puglia e Calabria. Ha avuto le sue origini sin dai tempi di Pompei, e continuato da Federico II fino al tempo degli aragonesi. Il Napoletano ha avuto nel tempo molti cambiamenti e influenze, ma è sempre restata originale la sua matrice. Fin quando non arrivarono i Savoia

Con l'arrivo di Garibaldi e la fine del Regno delle due Sicilie il napoletano fu sostituito ufficialmente dalla lingua Italiana, anche se nel Piemonte la lingua amministrativa in uso era il francese e nel Regno Delle Due Sicilie  invece l’italiano era usato nei documenti e in tutte le funzioni dello stato, nei primi anni del 900' ci fu anche chi propose nel parlamento piemontese l'abolizione ufficiale del dialetto partenopeo e, mano a mano che il tempo passava il napoletano, anche osteggiato dallo Stato stesso, restò solo una lingua usata da malavitosi, briganti e guappi, questo almeno secondo le nuove nobiltà che prendevano piede nell'ex regno delle due Sicilie

Negli anni la lingua napoletana ha avuto tante variazioni, i puristi direbbero "influenze volgari" ma è stata ispiratrice di grandi poeti e scrittori che ne hanno fatto uso a mani basse. Secondo gli storici e linguisti, il dialetto napoletano può tranquillamente essere considerata la seconda lingua ufficiale in Italia, grazie anche alle canzoni che hanno girato in tutto il mondo e alle commedie più rappresentative di Eduardo tradotte in tante lingue, inglese, russo, francese e anche in Cina. Nessun dialetto è così popolare è, pertanto l'UNESCO ha dichiarato che è lingua da preservare e da tutelare.

Secondo l'organismo internazionale è un errore quello di volerlo cancellare e liquidarlo facilmente come un dialetto, in effetti sempre più spesso a dichiarazioni di persone che usano il napoletano sentiamo consigliare "parla Bene" ecco, con questa dichiarazione di protezione l'UNESCO da di nuovo fiato a coloro che amano esprimersi nella lingua del sud Italia e, ben compresa, non solo nelle altre regioni italiane, ma in tutto il mondo.
«Non sono dialetti ma di lingue». Così anche il filologo Francesco Sabatini, Presidente Onorario dell'Accademia della Crusca originario dell'Abruzzo e grande ammiratore del filologo cerignolano Nicola Zingarelli, ribattezzò il napoletano, il pugliese il calabrese e il siciliano. Lo stesso Sabatini nella pubblicazione “La lingua e il nostro mondo” (Loesher, 1978) mappò i vari dialetti facendo una leggera differenza su quelli che hanno avuto ed hanno una vera veste di lingua e non solo di sleng di un determinato territorio. Scendendo nel particolare nel Meridione abbiamo l'imponente presenza della lingua Napoletana. Già utilizzata nel 700 come mezzo di comunicazione anche nei canali diplomatici. Alla corte dello Zar Nicola il napoletano era la lingua ”diplomatica”, come il francese. In napoletano discorrevano lo zar di Russia e Ferdinando di Borbone. Questo fattore importante e imponente ha indotto anche degli studiosi Francesi a inserire il napoletano tra le lingue oggetto di studio. Difatti, Jean Noel Schifano, direttore dell' Istitut Francais De Naples afferma parlando della corte dello Zar e dei rapporti diplomatici in napoletano che ”una unita' fatta male e il tentativo di trasformare una capitale immensa come Napoli in una provincia ha messo in secondo piano una delle lingue più creative esistenti. Oggi non si puo' immaginare di far rivivere questa citta' senza la sua lingua, una delle piu' vive d' Europa. Al Grenoble – continua il professore - sara' studiata come l' italiano, l'inglese e il tedesco”. Non e' una provocazione (”anche se il momento storico politico e' propizio”) quella di Jean Noel Schifano che ha presentato i primi corsi di lingua napoletana, gia' sommersi di prenotazioni, ma una vera e propria esigenza ”in mancanza - sottolinea - di una cattedra universitaria di napoletano che scommetto sara' creata al massimo entro un paio d' anni”. Le commedie di Eduardo ”testi classici consigliati”, il Pentamerone di Basile (che Apollinaire defini' troppo difficile, mai tradotto in francese) indicato come punto di partenza, alla pari della Divina Commedia e del Decamerone per l'italiano, di un idioma ”stratificato ma trasparente, nel quale altre lingue si rivelano”, come spiega Schifano. L'iniziativa del Grenoble coincide con un anniversario indicato da Schifano come atto di nascita della nazione napoletana moderna: ”450 anni fa, Napoli rifiuto' l' inquisizione, dando al mondo una lezione di tolleranza, che rimane anche oggi la prima qualita' dei napoletani”. Le lezioni, hanno avuto come protagonista un grande professore in cattedra, Pietro Matari, collaboratore della cattedra di italiano Dell'universita' Di Heidelberg, retta dal prof. Radtke, con il quale sta lavorando al progetto Alcam, atlante linguistico campano. Il napoletano sara' appreso non solo dai testi classici e dallo studio della fonetica, morfologia e lessico, ma anche grazie all'ascolto di conversazioni reali registrate nei luoghi di lavoro o sui mezzi di trasporto. ”Mi piacerebbe se in tutta europa si ricominciasse a parlare napoletano - conclude Schifano - questa citta' ha una cultura e una creativita' enorme, deve cominciare ad esportarla. intanto dalla prossima primavera la citta' di Grenoble mettera' a disposizione teatri e gallerie per ospitare le opere degli artisti napoletani”. Va sottolineato che il napoletano (come il siciliano e altre varietà italoromanze) possiede una ricchissima tradizione letteraria. Si hanno testimonianze scritte di napoletano già nel 960 con il famoso Placito di Capua (considerato il primo documento in lingua italiana, ma di fatto si tratta della lingua utilizzata in Campania, conosciuta come volgare pugliese) e poi all'inizio del Trecento, con una volgarizzazione dal latino della Storia della distruzione di Troia di Guido delle Colonne. La prima opera in prosa è considerata comunemente un testo di Matteo Spinelli, sindaco di Giovinazzo, conosciuta come Diurnali, un cronicon degli avvenimenti più importanti del Regno di Sicilia del XI secolo, che si arresta al 1268. Un vero patrimonio composito fatto di musica e letteratura che ha permesso al napoletano di essere riconosciuto dall'UNESCO come lingua a tutti gli effetti. Una peculiarità che vien messa in evidenza anche dalla presenza di un codice ISO personalizzato che fa del Napoletano un idioma internazionalizzato. È grottesco apprendere da una ricerca portata avanti dall'Università del Minho che è conosciuta nel mondo molto di più la lingua napoletana che quella italiana. Un dato che mette in evidenza la preziosa risorsa culturale tramandata nei secoli che ispirato poeti e cantautori e che oggi diventa cornice alla meravigliosa città di Napoli e all'intera Campania

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