Ladislao I Re di Napoli tenta l'unificazione italiana
Ladislao d'Angiò, Re di Napoli
Poco si sa di questo Re di Napoli che tentò la via della unificazione italiana e che se ci fosse riuscito avrebbe probabilmente sconvolto il futuro dell'intera europa moderna e chissà una probabile europa Napoletana, ma questa è fantastoria, noi ci basiamo sui fatti reali e non ipotetici anche se ci piacerebbe pensare che una europa Napoletana, probabilmente avrebbe visto un futuro di pace e di prosperità e non la culla delle guerre a cominciare da quella della rivoluzione FranceseRe di Napoli In carica 1386 - 1414
Predecessore Carlo III
Successore Giovanna II
Nome completo Ladislao I Angiò-Durazzo
Altri titoli Re titolare di Gerusalemme, re di Sicilia, conte di Provenza e Forcalquier (1386-1414), re titolare d'Ungheria dal 1390 al 1414, principe titolare d'Acaia dal 1386 al 1396 e principe di Taranto dal 1406 al 1414
Nascita Napoli, 11 luglio 1376
Morte Napoli, 6 agosto 1414
Luogo di sepoltura Chiesa di San Giovanni a Carbonara, Napoli
Padre Carlo III di Durazzo
Madre Margherita di Durazzo
Consorte Costanza Chiaramonte, Maria di Lusignano, Maria d'Enghien
Ladislao I di Napoli, detto il Magnanimo, noto anche come Ladislao d'Angiò-Durazzo o Ladislao di Durazzo (Napoli, 11 luglio 1376 – Napoli, 6 agosto 1414), fu re di Napoli e detentore dei titoli di re di Gerusalemme, re di Sicilia, conte di Provenza e Forcalquier (1386-1414), e dei titoli di re d'Ungheria (1390-1414) e principe d'Acaia (1386-1396). Dal 1406 fu anche principe di Taranto. Fu l'ultimo discendente maschio del ramo principale della dinastia degli Angioini.
Re sotto la reggenza della madre
Figlio di Carlo III e di Margherita di Durazzo, divenne re di Napoli nel 1386, all'età di dieci anni, sotto la reggenza della madre. Fu questo un periodo di grandi sconvolgimenti per il regno: con la morte di Carlo, Napoli era precipitata nel caos e la debolezza della reggente rischiò seriamente di far crollare la monarchia degli Angiò-Durazzo. Lo scontro vedeva contrapposti i sostenitori del giovane re e il partito favorevole agli Angioini di Francia, che cercava di approfittare della grave situazione di crisi per scalzare dal trono la famiglia regnante. Fra i capi del partito angioino filo-francese figuravano alcuni esponenti della famiglia dei Sanseverino e lo stesso Ottone di Brunswick, vedovo della regina Giovanna I.
Luigi II d'Angiò proclamato re
Costituito un consiglio di magistrati che reggesse le sorti del regno in questa fase, i filo-francesi proclamarono re Luigi II d'Angiò, futuro capo del ramo cadetto degli Angioini e figlio di quel Luigi I che la regina Giovanna aveva nominato erede in contrapposizione a Carlo III. Lo scontro assunse presto le proporzioni di una vera e propria guerra. Nel corso del 1387 i sostenitori degli Angioini francesi occuparono la capitale, costringendo la reggente Margherita col piccolo Ladislao e la famiglia a barricarsi in Castel dell'Ovo, dal quale fuggirono alla volta di Gaeta.
Luigi d'Angiò poté così impossessarsi del regno, ma domare i baroni ribelli fu un'impresa che lo tenne occupato per anni. Per il re minorenne ed esiliato giunse presto un importante sostegno: nel 1390 saliva al soglio pontificio Bonifacio IX, il napoletano Pietro Tomacelli (precisamente, di Casarano, in provincia di Lecce), che prese le parti di Ladislao contro il pretendente Luigi.
Pretendente al trono d'Ungheria
A partire da quello stesso anno, il figlio di Carlo III diventò anche pretendente al trono d'Ungheria e Dalmazia. Nelle mire alla corona magiara fu fortemente osteggiato da Sigismondo di Lussemburgo, marito della regina Maria. Quest'ultima, spodestata da Carlo III, era tornata sul trono dopo aver fatto uccidere l'usurpatore, caduto vittima di una congiura ordita dalla regina insieme alla madre Elisabetta. Malgrado le opposizioni, molti nobili ungheresi, avversi a Sigismondo, sostennero i diritti di Ladislao, che il 5 agosto 1403 fu incoronato a Zaravecchia re d'Ungheria. Questo titolo, però, non gli fu mai riconosciuto effettivamente.
La presa del trono di Napoli
Nel 1399, ventitreenne, Ladislao si lanciò alla conquista del trono e riuscì ad occupare Napoli, mentre Luigi era impegnato nella lotta contro i principi pugliesi. Sopraffatto dalla determinazione del giovane Durazzesco, Luigi abbandonò la propria causa e fece ritorno in Francia. Per Ladislao era giunto il momento di imporsi come unico e legittimo sovrano e per ottenere lo scopo non esitò a perseguitare i nemici e stroncare le velleità dei filo-francesi. Spietato nella costruzione del suo potere, il giovane re si dimostrò subito ancora più scaltro e dispotico di suo padre Carlo, che pure aveva seminato terrore e morte nell'imporre il proprio dominio. All'alba del XV secolo, Ladislao I si affermava come capo politico e militare di straordinaria tempra, di indole spregiudicata e di grandi ambizioni.
La sua prima preoccupazione fu dunque quella di consolidare il potere monarchico su Napoli a spese dei baroni, obiettivo che non esitò a perseguire commissionando l'assassinio di molti dei suoi rivali. La casata dei Sanseverino, ispiratrice della rivolta filo-francese, fu duramente punita con una sfilza di lutti che ne sfibrarono la capacità sovversiva.
Ladislao e il sogno di un Regno d'Italia
Domate le insidie interne, Ladislao volse ben presto la sua attenzione all'esterno dei confini del regno. Fu in questi anni che nacque in lui il sogno di costruire una grande realtà statuale che comprendesse l'intera penisola italiana, unificata sotto la corona di Napoli e le insegne dei Durazzo. L'idea di un Regno d'Italia che precede di oltre quattrocento anni l'impresa risorgimentale e alla quale Ladislao dedicherà tutti i propri sforzi nel corso della sua breve esistenza. Negli anni a venire, infatti, avrebbe approfittato della situazione di crisi in cui versava la composita realtà politica italiana per espandere notevolmente il suo regno e il suo potere soprattutto a discapito dei domini papali, appropriandosi e disponendo a suo piacimento di molti dei territori pontifici.
La conquista dello Stato Pontificio
I propositi espansionistici del re cominciarono a palesarsi nel 1405, sotto il pontificato di Innocenzo VII, del quale Ladislao si professava difensore mentre mirava a sottrargli la sovranità sul Patrimonio di San Pietro. Il re condusse una vittoriosa campagna nel Lazio, giungendo a minacciare la stessa città di Roma, sulla quale intendeva imporre la propria signoria e collocare la propria corte. Ma la città seppe resistergli, soprattutto con l'avvento al trono di Pietro di papa Gregorio XII. Ladislao non abbandonò i suoi propositi e nel 1408 tornò alla carica, cingendo d'assedio Roma. In breve la città fu costretta a consegnarsi al sovrano, così come più tardi cadranno altre importanti roccaforti come Perugia. In poco tempo, il re di Napoli aveva di fatto esteso il suo controllo fino all'Umbria, dalla quale era pronto a muovere contro Firenze e gli Stati settentrionali, portando il confine settentrionale del Regno di Napoli fino alla rocca di Talamone sul mar Tirreno, dove si svilupperà in seguito lo Stato dei Presidi.
La Lega tra Firenze e Siena
La grave minaccia che Ladislao rappresentava per i comuni del centro Italia non in suo dominio (in Toscana) e quelli del nord Italia, portò alla costituzione di una lega capeggiata dalle città di Firenze e Siena, alle quali si aggiunsero i rappresentanti di altre città come Bologna. Papa Alessandro V (che nel 1409 era stato eletto dal concilio pisano che aveva deposto Gregorio XII e Benedetto XIII nel vano tentativo di ricomporre lo Scisma d'occidente) si oppose strenuamente a Ladislao: dopo averlo scomunicato, richiamò in Italia Luigi II d'Angiò e lo nominò re di Napoli. Nello stesso anno le milizie della Lega tentarono, senza successo, la liberazione di Roma, mentre Ladislao vendeva alla Repubblica di Venezia i suoi diritti sul Regno di Dalmazia per la somma di 100 000 ducati.
La campagna di Ladislao procedeva secondo i suoi piani, ma la costituzione di un fronte compatto ed armato contro di lui rischiava di mandare a monte i suoi disegni di conquista. Mentre i nemici gli si opponevano con forza, Ladislao trovò l'appoggio della città di Genova, che strinse con lui un'alleanza in funzione antifrancese. Nel frattempo le deboli guarnigioni napoletane lasciate a difesa di Roma non furono in grado di respingere l'attacco delle forze alleate di Firenze e Siena e la città si consegnò loro ai primi del 1410, seguita da altri castelli della zona fra i quali Tivoli. Malgrado le perdite, Ladislao resisteva bene agli urti e la sua minaccia continuava a far tremare l'Italia. Pochi mesi dopo la perdita di Roma, Luigi d'Angiò fece ritorno dalla Francia con nuovi rinforzi, mentre il Concilio di Pisa, alla morte di Alessandro V, eleggeva l'antipapa Giovanni XXIII.
Lo scontro con Luigi II d'Angiò
Nel 1411 Ladislao siglò la pace con Firenze e Siena, togliendo dal suo cammino due rivali scomodi. A continuare la guerra contro di lui restarono solo Luigi d'Angiò e Giovanni XXIII, il quale rientrò a Roma e prese possesso della sede vaticana. Lo scontro fra il re di Napoli e l'Angioino francese vide la vittoria dell'esercito napoletano: per il pretendente si avvicinava l'ora di abbandonare l'impresa. Fiaccati nel morale dalle sconfitte e dalle malattie, i soldati di Luigi fecero pressioni perché si mettesse fine alle ostilità. In agosto, il Duca d'Angiò rinunciava per la seconda volta ad accaparrarsi il trono di Ladislao e faceva ritorno in Francia, dove morì nel 1417.
I progetti del re di Napoli incontravano ormai l'opposizione del solo Giovanni, che però non disponeva di risorse militari sufficienti a frenare l'avanzata del nemico. Fu così che l'antipapa si decise ad avviare trattative con Ladislao per giungere ad un compromesso ed evitare lo scontro armato. Nel giugno del 1412 i due siglarono la pace: Giovanni rinunciava definitivamente a sostenere Luigi d'Angiò e investiva Ladislao del Regno di Napoli. Questa pace segnò in apparenza la fine dell'impresa del sovrano napoletano. In realtà, Ladislao l'accettò con l'intento di guadagnare tempo e rafforzare la propria supremazia militare in vista di una nuova campagna di conquista.
Nel giugno del 1413, infatti, il re marciava nuovamente verso Roma alla testa del suo esercito, comandato dal capitano di ventura lucano Angelo Tartaglia e, quasi senza colpo ferire, entrava nella città e la saccheggiava. Con una certa facilità prese possesso di altri importanti presidi e in breve l'intero Stato della Chiesa fu di nuovo nelle sue mani. Agli inizi del 1414 Ladislao era pronto ad invadere le regioni del nord Italia e Firenze, quest'ultima nuovamente divenendo suo primo bersaglio. Mentre la città toscana era occupata dalle truppe napoletane, la diplomazia fiorentina tentò tutte le strade per evitare lo scontro, riuscendo a strappare un accordo di pace al re, il quale a sua volta progettava una nuova campagna militare per asservire il resto della penisola.
Il 7 luglio da Castel dell'Ovo nominava Alessandro Zangale, Nicola de Leo, giudici a contratto per la Terra di Lavoro e Molise, e Luca Tagliamondo, giudice a contratto e gli concedeva, in deroga alle leggi, di esercitare anche l'ufficio di pubblico notaio .
La morte
Ma i progetti dell'ambizioso sovrano erano destinati a non realizzarsi mai. Colpito da una malattia, re Ladislao I rientrò a Napoli, dove morì il 6 agosto 1414 all'età di appena 38 anni. In molti hanno sollevato il dubbio che la sua morte non sia avvenuta per cause naturali, bensì per avvelenamento, messo in atto da Firenze per liberarsi della sua minaccia. In realtà, si sa che la morte fu dovuta a una malattia infettiva dell'apparato genitale (forse alla prostata), causata dalle abitudini sessuali dissolute e promiscue.
Con la sua scomparsa, senza lasciare eredi, la corona di Napoli passò alla sorella Giovanna, che regnò fino alla morte, nel 1435, ultima sovrana della Casa d'Angiò di Napoli. L'imponente monumento sepolcrale nella Chiesa di San Giovanni a Carbonara, fatto erigere dalla sorella Giovanna, ne custodisce le spoglie.
Matrimoni e figli
Nel corso della sua vita Ladislao ebbe tre mogli. Il 21 settembre 1389, all'età di 13 anni, nel castello di Gaeta, sposò Costanza Chiaramonte (o Clermont) (figlia del Conte di Modica e Vicario del Regno di Sicilia Manfredi Chiaramonte), ripudiata appena tre anni dopo. Nel febbraio del 1403, a Napoli, prese in moglie Maria di Lusignano, principessa di Cipro e Gerusalemme, figlia del re Giacomo I. Matrimonio breve anche questo, visto che la consorte morì l'anno successivo alle nozze.
Più romanzesca la vicenda del terzo matrimonio di Ladislao. Nel 1406 il re era alle prese con una serie di conflitti armati per sottomettere il Principato di Taranto e la Contea di Lecce, di cui era titolare Maria d'Enghien, vedova di Raimondo Orsini Del Balzo. I tentativi di asservire con la forza la principessa si rivelarono vani, poiché le milizie del re non riuscirono ad espugnare il suo castello. Ladislao decise allora di cambiare tattica: avviò degli accurati negoziati attraverso i quali riuscì a convincere Maria a sposarlo, mettendo fine allo scontro. Le nozze furono celebrate a Taranto il 23 aprile 1407. In questo modo, Ladislao assunse personalmente il titolo di Principe di Taranto, sottraendolo al legittimo erede Giovanni Antonio, figlio di Maria e Raimondo.
Malgrado i tre matrimoni, Ladislao non ebbe figli legittimi. I suoi discendenti furono Rinaldo di Durazzo, Principe di Capua (solo a titolo onorifico, senza ricevere vitalizi), e Maria di Durazzo, morta in tenera età. Le notizie sulla successiva discendenza di Rinaldo sono molto scarse e la linea di sangue di Ladislao finisce col perdersi nell'ignoto.
Il motto Aut Caesar aut nihil
Già dalle prime battute della sua lunga campagna di conquista dell'Italia, Ladislao adottò il motto Aut Caesar Aut Nihil (O Cesare, o niente), passato poi alla storia come il grido di battaglia di Cesare Borgia, che qualche decennio dopo la morte di Ladislao tenterà, anche lui invano, di costruire un grande regno. In effetti non è difficile notare qualche similitudine fra i caratteri dei due personaggi, entrambi spregiudicati e sanguinari, disposti a tutto pur di conquistare il potere e la gloria.
Rocco Michele Renna
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