1945 Giuseppina Ghersi, la martire bambina
Giuseppina Ghersi, la martire
bambina
Violentata e torturata per giorni dai partigiani, è
stata finita con un colpo di pistola alla nuca. Era il 30 aprile 1945
Ha 13 anni Giuseppina. E’ una bambina studiosa
e diligente, che grazie anche all’amore della sua famiglia, fino a quei
maledetti giorni di fine aprile del 1945 ha vissuto un’infanzia serena. I
Ghersi sono proprietari di un piccolo negozio di frutta e verdura in quel di
Savona e quando i partigiani si presentano alla porta della loro casa chiedendo
materiale di medicazione, il padre di Giuseppina non esita a fornire loro tutto
quello che riesce a mettere insieme. E’ il pomeriggio del 25 aprile. Il
giorno successivo i coniugi Ghersi si recano, come di consueto, al loro
negozio. Ma vengono fermati per la strada da due partigiani armati, che li
portano al Campo di concentramento di Legino. Poco dopo vengono arrestati anche
gli altri componenti della famiglia tranne la piccola Giuseppina, in quel
periodo ospite di alcuni amici. Non c’è quindi più nessuno che possa
testimoniare contro coloro che, indisturbati, depredano il negozio e la casa
dei malcapitati.
Nel frattempo i Ghersi chiedono ai partigiani i
motivi della loro detenzione e viene loro risposto che si tratta di un semplice
controllo e che hanno bisogno di interrogare anche la loro figlia che,
vincitrice di un concorso, aveva ricevuto una lettera con i complimenti del
Segretario particolare del Duce. In realtà credono che sia una spia al servizio
del regime fascista. Convinti della buona fede di chi li aveva arrestati, i
coniugi accettano di essere accompagnati a prendere la piccola. Ma quando
tornano al Campo di concentramento, si consuma un dramma che ancora oggi
suscita orrore e disgusto: Giuseppina e la sua mamma vengono infatti stuprate e
ripetutamente picchiate ed il papà è costretto ad assistere allo “spettacolo” e
anche lui viene percosso su schiena e testa con il calcio di un fucile. Per tutta
la durata della violenza, gli aguzzini, non contenti di quello che avevano già
razziato, gli chiedono più volte di rivelare il nascondiglio di altro denaro e
preziosi. Alla fine di quella terribile giornata, i coniugi Ghersi vengono
condotti al Comando partigiano locale che, nonostante a loro carico non fosse
emerso nulla, li rinchiude in carcere.
Per Giuseppina, rimasta sola nelle mani di quelle
belve, si consumano purtroppo altri giorni di atroci sofferenze. Che hanno
termine il 30 aprile 1945, quando viene finita con un colpo di pistola e
gettata su un mucchio di altri cadaveri davanti alle mura del Cimitero di
Zinola. Qui viene notata da un signore, che descrive la visione di quel piccolo
corpo martoriato con parole tremende: “Era un cadavere di donna molto giovane –
scrive Stelvio Murialdo – ed erano terribili le condizioni in cui l’avevano
ridotta. Evidentemente avevano infierito in maniera brutale su di lei. L’orrore
era rimasto impresso sul suo viso, una maschera di sangue con un occhio
bluastro tumefatto e l’altro spalancato sull’inferno”.
La vicenda di Giuseppina Ghersi è stata
dettagliatamente ricostruita grazie alla coraggiosa pazienza del papà, che il
29 aprile 1949 ha presentato al Procuratore della Repubblica di Savona un
esposto di sei pagine scritte a mano. Pagine che molto probabilmente non
riescono a rendere la tremenda sofferenza patita da quella bambina, la cui
storia è drammaticamente simile a tante altre, generate da un odio cieco e
disumano che ancora oggi alcuni tendono a giustificare, mascherandolo da
“azione di guerra giusta e necessaria per combattere il nazifascismo”. Per
fortuna c’è però chi vuole ricordare quanto accaduto con onestà e rispetto per
la verità. Tra essi, i promotori di una mozione presentata in alcuni Municipi
della Capitale, in cui si afferma la necessità che questi “terribili fatti
legati alla guerra siano conosciuti e di monito a tutte le generazioni future,
affinché se ne tragga un insegnamento: che lo strumento dell’odio deve essere
superato. Al di là del colore politico – si legge infine nel documento
pubblicato da Roma.it – una sola tinta si presta a connotare il racconto: il
rosso del sangue dei martiri di tutti i tempi, assieme al bianco dell’innocenza
e al verde della speranza. Speranza che si riscriva la storia, che sia fatta
giustizia”. Senza più odio, nel rispetto della verità e della pace.
Cristina Di
Giorgi
Dopo 70 anni ancora atrocità dalle fazioni garibaldine, i cosiddetti "salvatori" o almeno cosi si auto nominano... Salvatori da chi o da che cosa? 153 anni fa ci hanno salvato dalla civiltà scaraventandoci nella miseria unitaria, in mano a feroci e animalesche truppe di occupazione savoiarde e garibaldine che si sono sentiti autorizzate a rubare di tutto, a stuprare ad ammazzare in nome dell'unità e naturalmente non finiva li.
Rocco Michele Renna
fonte:
http://www.ilgiornaleditalia.org/news/la-nostra-storia/854510/Giuseppina-Ghersi--la-martire-bambina.html
Rocco Michele Renna
fonte:
http://www.ilgiornaleditalia.org/news/la-nostra-storia/854510/Giuseppina-Ghersi--la-martire-bambina.html
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