Come ammazzare il Sud
Lino Patruno |
Come ammazzare il Sud
di Lino Patruno
Parlamentari meridionali cercansi.
Specie quando è in gioco il futuro dei ragazzi del Sud: esempio, con la
scuola e l’università. Anzi cominciando dagli asili nido. Per i quali il
delitto perfetto ai danni del Sud è stato consumato nel silenzio
assoluto dei rappresentanti del Sud (ne avevamo già parlato tempo fa,
quando se ne ebbero tanto le prime turbolenze quanto i primi silenzi).E’
avvenuto che per il finanziamento degli asili nido pubblici si è deciso
di affidarsi alla cosiddetta “spesa storica”, nel senso che chi ha
avuto in passato ha continuato ad avere, chi non ha avuto in passato ha
continuato a non avere. Esempio più clamoroso, Catanzaro: nessun asilo
nido prima, nessun asilo nido ora. Ma tante altre città e tanti altri
paesi. Così il Sud ha perso 700 milioni, distribuiti al Centro Nord
(perdita di Bari, circa 7 milioni).
Ma perché non è stato adottato il
criterio del “fabbisogno standard”, seguito invece per altri servizi
comunali come polizia urbana e rifiuti, trasporto e illuminazione?
Stabilito quanto serve a ogni Comune, lo si attribuisce. E si sarebbe
potuto fare senza togliere nulla al Centro Nord. Nessuna risposta, pur
avendo tempo fa il sottosegretario Delrio parlato di “errore tecnico che correggeremo”, anzi errore tecnico “grave”. E pur avendo dato medesima assicurazione lo stesso premier Renzi.
E pur chiedendo l’Europa una copertura di almeno il 33 per cento della pop
olazione, cioè un bambino su tre (Centro
Nord ora a poco meno del 20 per cento, Sud 4 per cento). Nel dibattito
decisivo, nessuno dei cinque parlamentari meridionali presenti ha preso
la parola (fra loro il lucano Cosimo Latronico, del Pdl, e il pugliese
Gaetano Piepoli, Scelta Civica ora Centro democratico). Voto unanime di
Pd, Forza Italia, Lega Nord, Cinquestelle, Sel.
Poi fanno le indagini sulla qualità
della vita e dicono che al Sud fa pena anche perché non ci sono asili
nido sufficienti. Fanno più pena loro che non dicono perché. Dagli asili
nido all’università, altro giro altro danno al Sud (d’attualità perché
se ne è parlato nei giorni scorsi nella Conferenza d’ateneo a Bari, in
occasione dei 90 anni). Anche qui passato nel silenzio quasi generale
del Sud un criterio di attribuzione di fondi che è un’arma letale contro
il Sud. Più fondi alle università più ricche, meno fondi alle
università meno ricche. Come, non il contrario? No, avete letto bene.
Ma le università del Sud sono meno
ricche perché fanno pagare meno tasse ai loro studenti altrettanto meno
ricchi di quelli del Nord. Si arrangino. Così è avvenuta la
distribuzione dei cosiddetti punti-organico, cioè i docenti andati in
pensione e da sostituire. Esempio: al Sant’Anna di Pisa, cinque nuovi
docenti per ciascuno che se ne va, all’università di Bari 0,20 nuovi
docenti per ciascuno che se ne va (solo una bassa insinuazione ricordare
che rettore del Sant’Anna era quella professoressa Carrozza poi
diventata ministra. A cosa? Ma all’università). Così negli anni si è
consumato anche qui il delitto perfetto dell’enorme taglio per il Sud,
sistema rapido per concentrare tutto su poche grandi università (del
Nord) e lasciare le altre all’elemosina.
Magari tendenza non solo italiana, ma
altrove fondata sul merito, non sui redditi. E con effetto
moltiplicatore da serial killer: meno docenti uguale meno corsi, meno
corsi uguale meno studenti, meno studenti uguale meno incassi, meno
incassi uguale finanziamenti, meno finanziamenti uguale meno docenti.
Con l’effetto collaterale dei ragazzi del Sud che emigrano nelle
università del Nord. Sono ragazzi arrivati all’università dopo essere
stati avvelenati a scuola da testi scolastici da codice penale. Tipo il
sussidiario di un editore nordico. Il quale, per spiegare la Questione
Meridionale, scrive fra l’altro che “sul tronco di una differenza di
sviluppo economico” (già zero in italiano) hanno “preso forma
un’organizzazione sociale e un’identità civile profondamente diverse da
quelle delle regioni centrosettentrionali”. Cioè? “Esse sono dominate da
un individualismo diffidente, nel quale gli interessi della famiglia o
dei clan si antepongono, e inevitabilmente si contrappongono, a quelli
dello Stato e della collettività nazionale”. E allora? “Su questo
sottofondo pesano gli intrecci clientelari e la pervasività della
violenza come pratica diffusa e sostanzialmente accettata per la
risoluzione dei conflitti, sul cui tronco (e ridalle, ndr) sono sorte
associazioni criminali di dimensioni gigantesche”. Meno male che non
hanno scoperto il Sud mettersi le dita nel naso. Consiglio ai lettori:
inutile arrabbiarsi. In casi del genere è sufficiente affidarsi a
Eduardo De Filippo e al pernacchio, una fusione di testa e di petto,
cioè di cervello e di passione. Che deve significare: “tu sì ‘a
schifezza ‘a schifezza ‘a schifezza ‘a schifezza ‘e l’uomm”. Questo è
l’Oro di Napoli, cioè del Sud.
Da: La Gazzetta del Mezzogiorno (23 gennaio 2015)
http://www.ondadelsud.it/?p=12089
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