CALATAFIMI...FU VERA GLORIA?... Di R. B. Condoleo



CALATAFIMI...FU VERA GLORIA?..
La battaglia fu combattuta da circa 1.000 garibaldesi e 500 "picciotti" tutti male armati contro una "colonna mobile" dell'esercito borbonico forte sul campo di 3 mila uomini, al comando del brigadiere generale Francesco Landi. Le truppe duosiciliane erano munite in gran parte di nuovi fucili da 38 pollici in dotazione ai Cacciatori a piedi, e inoltre, anche dai più precisi fucili da 32 pollici a retrocarica mod.1850 belgi. Le artiglierie borboniche erano nettamente superiori a quelle garibaldine e ben allineate sulla sopraelevata linea di fuoco. A questo punto la speranza di una vittoria di Garibaldi a Calatafimi si presentava come molto improbabile se non addirittura impossibile! Ma il brigadiere generale Francesco Landi, come già all'epoca si venne a sapere, fu il grande traditore di quello scontro epocale. Garibaldi invece ne fu l'"eroe", ma, a ben approfondire, solo in senso negativo! Francesco Landi,infatti, era, come abbiamo premesso, il comandante delle truppe del presidio borbonico, forte di ben 4 mila uomini (non tutti impiegati nella battaglia) ben armati e disciplinati, di stanza a Palermo.
 
Generale Landi
La storica battaglia, iniziò verso mezzogiorno del 15 maggio 1860 a Pianto dei Romani, in una vallata, dove le truppe napoletane erano ben schierate, godendo di una posizione riparata perche' dominante rispetto a quella sottostante occupata dai "mille". Inoltre essendo questi ultimi volontari erano anche inesperti e in più si trovavano in posizione sfavorevole, tutti sparpagliati nel fondo valle, facile bersaglio dei carabinieri borbonici! Costoro, per circa un ora, si erano trovati, infatti, in condizioni disperate, in quanto la battaglia si stava decidendo a netto favore dei borbonici! Addirittura vi fu un imprevisto capovolgimento del fronte degli scontri in seguito al quale il capo di stato maggiore Sirtori e gli ultimi reparti di riserva si dovettero lanciare, sguarnendo la linea del fronte piu avanzato, a proteggere l'incolumità di Garibaldi, rimasto isolato e circondato da un folto drappello borbonico. Fu in quella occasione che Garibaldi, rivolto a Bixio già in fuga, pronunciò la celebre frase «Nino, qui si fa l'Italia o si muore!», sottolineando così la disperata azione di alleggerimento da tentare contro l'accerchiamento in atto molto pericoloso condotto da parte delle ordinate schiere napoletane. Lo stesso Garibaldi in quel frangente rischiò la vita e venne salvato con un eroico gesto da Augusto Elia, che riportò una gravissima ferita al volto.
Dopo che l'attacco a Garibaldi in persona era stato in qualche modo tamponato, la sostanziale superiorità dimostrata dai borbonici non ne subì alcun tracollo, ma, proprio in quella decisiva fase del combattimento, improvvisamente e in modo del tutto inaspettato ed incomprensibile, furono addirittura i soldati borbonici ad indietreggiare, sotto gli sguardi increduli dei garibaldini.
Quando risuonarono gli squilli di tromba per tutto il campo di battaglia che ordinavano la ritirata decisa inopinatamente
dal generale Landi, appariva a tutti così illogico e così assurdo che, per una buona ora, Garibaldi stesso, che assisteva passivamente, non seppe decidersi se ordinare il conseguente contrattacco. Temendo una trappola, si limitò solo ad osservare meravigliato le precipitose manovre di ripiego dei reparti nemici, ordinatamente coperte dai Cacciatori Napoletani. E quando "il condottiero" ordinò alla fine l'attacco della 6ª Compagnia, guidata dal Capitano Giacinto Carini, il grosso della brigata borbonica aveva già ripiegato all'indietro e si trovava ormai sulla strada per Alcamo. Insomma, miracolosamente a giudizio di tutti accadde l'incredibile: il Gen.Landi decise di far ritirare le sue truppe, lanciate vittoriosamente soltanto poco tempo prima all'inseguimento della disordinata soldataglia garibaldesca, lasciando così, ai nemici già in rotta, libera la via maestra per Palermo. Fu così che le "camicie rosse" già praticamente "sconfitte" rimasero padrone del campo di battaglia e che fu a loro insperatamente aperta una comoda strada per giungere senza ulteriori ostacoli nella capitale. A questo punto sarà bene illustrare alcuni risvolti di cui fin ora mai nessun libro di storia ha parlato. Sarà interessante, infatti, analizzare chi era quel Gen. Landi, comandante delle forze napoletane. Ebbene Francesco Landi, padre di quattro figli, tutti ex ufficiali borbonici passati nell'esercito savoiardo, come avvenne solo quattro mesi dopo, fu il traditore conclamato di Calatafimi, poiché, come ebbe egli stesso a confessare spontaneamente ai funzionari del Banco di Napoli, ricevette in cambio della sua incredibile e vergognosa ritirata su Palermo, una polizza di credito del Banco di Napoli , poi risultata falsa, di ben 14 mila ducati d'oro (in effetti la somma portata dal titolo, abilmente contraffatto, ammontava a soli 14 ducati!) consegnatagli prima della battaglia da Garibaldi in persona, come prezzo del suo vile e già concordato infedele comportamento! Nessuno dei cinque Landi, tutti più legati al denaro che al dovere, fu in verità campione di fedeltà ai Borbone, nonostante avessero ricevuto da loro, spesso e volentieri, gratificazioni e prebende. E certamente non hanno contribuito a fugare le insistenti dicerie sul tradimento del padre Francesco Landi, il passaggio, da subito, armi e bagagli, dei quattro figli nell’esercito sabaudo, come testimonia anche un rapporto scritto il 16 novembre 1860 dal Capitano della Guardia Nazionale di Sala Achille Landi, riportato da Olindo Isernia nell’Osservatorio ott/nov 2010. Anche la lettera vergognosa e sfacciata di Michele Landi a Garibaldi, è un tentativo, furbo o addirittura di una sconvolgente ingenuità, per far restituire da altri (nel caso di specie proprio da quello stesso Garibaldi che mai avrebbe potuto smentire la propria vittoria) l’onore al loro padre e che i quattro figli e lo stesso generale Landi non erano stati capaci di difendere. Come avrebbe potuto il falso "eroe" ammettere che si era comprata la sua più importante "vittoria", con la corruzione e l'infamia???... Garibaldi, infatti, ebbe a rispondere alla lettera di Landi smentendo l'avvenuta corruzione... peccato che proprio Francesco Landi, minacciato di arresto quando si presentò per l'incasso dal funzionario del Banco di Napoli che gli chiedeva da chi avesse ricevuto il certificato di credito falso dei 14 mila ducati d'oro, rispose che era stato Garibaldi in persona a consegnarglielo a Calatafimi! Certo è che solo tre giorni dopo questo scandaloso episodio, avuta la notizia della falsità del titolo di credito, lo stesso Landi per la vergogna e la rabbia per l'inganno truffaldino subito, morì fulminato da un ictus cerebrale! Altro che vittoria, fu solo corruzione e sporco tradimento! Proprio a Calatafimi quindi nasceva l'itaglia delle "bustarelle",delle "mazzette" e dei patti stato-mafia! Infatti, a margine di questo episodio d'infamia e corruttela sono anche da annoverarsi gli accordi, sempre patrocinati e predisposti dal massone Garibaldi con la mafia, che contribuirono alla definitiva "vittoria" del cosiddetto "eroe" dei due mondi!... Ma questo è un'altro capitolo ancora più squallido e vergognoso!
Rocco Bruno Condoleo

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