"La storia Bandita". Il Monologo del Gen. Donatelli Carmine Crocco.


Giudicarci ... Vorreste giudicarci,
liquidarci come volgari ladri e assassini?
Come avremmo potuto sopravvivere
nel fitto delle boscaglie, nei ricoveri
improvvisati delle notti d’inverno,
braccati come lupi, sempre in fuga
da una sorte segnata, alla disperata
ricerca di una terra di sole!
Stranieri nei nostri paesi, oltraggiati
dalla storia e dal tempo, sembrava
giunto il momento del riscatto...
Fatale illusione... Con me uomini
e donne che non vollero piegare la
fronte dinanzi al sopruso, gelosi di
usanze e costumi, uomini che non
vollero vendere l’onore di mogli e
giovani figlie; molti costretti alla
macchia per accuse false, vittime
d’odio, e anche soldati di un re,
spodestato e deriso.
Un grappolo di uomini che divenne un esercito.
E intorno a noi il timore e la
complicità di un popolo.
Quel popolo che disprezzato da regi
funzionari ed infidi piemontesi
sentiva forte sulla pelle che a noi era
negato ogni diritto, anche la dignità di uomini.
Dignità negata a loro, popolo dei cafoni.
E chi poteva vendicarli se non noi,
accomunati dallo stesso destino.
Cafoni anche noi, non più disposti a
chinare il capo. Calpestati, come
l’erba dagli zoccoli dei cavalli,
calpestati ci vendicammo.
E contro di noi in questa sporca
guerra un’infinità di uomini armati.
Nei nostri villaggi, saccheggi, incendi, rapine.
Per noi un solo destino:
- briganti o emigranti.
Molti, molti si illusero di poterci
usare per le rivoluzioni.
Le loro rivoluzioni.
Ma libertà non è cambiare padrone.
Non è parola vana ed astratta.
È dire, senza timore, “è mio” e
sentire forte il possesso di qualcosa,
a cominciare dall’anima.
È vivere di ciò che si ama.
Vento forte ed impetuoso in ogni
generazione rinasce.
Così è stato, così sempre sarà.

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