Scempio storico a Gravina In Puglia
Scempio storico a Gravina In Puglia
lettera di denuncia:
Di
Renna Rocco Michele
ex Via Maiorana, 83
70024 Gravina In Puglia (BA)
All’Assessore Carbone Lorenzo
e pc. Al Sig. Sindaco Valente
e pc. all’Assessore Sig.ra Grillo Maddalena
e pc. Tutta La Città di Gravina In Puglia (BA)
Oggetto: Distruzione di importante sito storico a Gravina in Puglia – 14/06/2013
Ancora una volta si è perpetrato uno scempio storico nel Comune di Gravina in Puglia.
Nel primo pomeriggio, recandomi ad Altamura lungo la strada cosiddetta vicinale Pozzo Pateo (Strada Provinciale 159), ho notato che erano in corso lavori di bonifica delle cunette di scolo delle acque meteoriche. Fin qui nulla da eccepire, anzi, occorre elogiare chi ha disposto questa importante pulizia su una strada tanto trafficata. Ma, ahimè, con immenso dispiacere ho scoperto che, per eseguire questi lavori, è stato distrutto l’antico acquedotto Ferdinandeo, situato nei pressi dell’incrocio che confluisce sulla circonvallazione “Giudici Falcone e Borsellino”.
Un’opera di enorme valore storico, fortemente voluta dapprima da Carlo III di Borbone, che visitò la nostra città dopo la battaglia di Bitonto – quando furono gettate le basi per un’Italia unita – e successivamente da S.M. Ferdinando IV di Borbone, anch’egli venuto a Gravina dopo aver ricevuto a corte le lamentele dei cittadini. In quell’occasione il sovrano richiamò il Duca Orsini, obbligandolo a costruire l’acquedotto insieme a quello di San Giacomo, con il relativo ponte sul torrente Gravina e due fontane cittadine, a sue spese, ma con la promessa che il re lo avrebbe poi rimborsato di tasca propria.
Una città ricca e laboriosa come Gravina, ai tempi del Regno di Napoli e successivamente del Regno delle Due Sicilie, non poteva infatti vivere soltanto di acqua piovana (come ricorda anche il liberale Nardone nel suo libro sulla storia di Gravina in Puglia).
Mi chiedo: chi era l’addetto a questi lavori di pulizia? Nessuno ha controllato che l’opera venisse eseguita senza danneggiare un sito di simile valore storico? Già in precedenza l’assessore Grillo Maddalena (assessore all’ambiente) aveva segnalato l’importanza di tutelare tali beni. Possibile che l’operaio non sapesse cosa stava abbattendo?
Non intendo accusare un lavoratore che si guadagna onestamente da vivere: la responsabilità ricade su chi avrebbe dovuto vigilare. Per questo accuso i controllori del lavoro e l’assessore Carbone Lorenzo (lavori pubblici e decoro urbano) per il mancato controllo, forse dovuto a ingenuità o a scarsa conoscenza del sito storico.
Noi meridionalisti conosciamo bene cosa accadde 152 anni fa: dopo l’invasione, lo stupro e il saccheggio del nostro territorio, giunse l’ordine di cancellare la memoria (come scrive anche Nardone). Non possiamo tollerare che ancora oggi si agisca come le orde barbariche degli eserciti sabaudi di allora.
Attendo una risposta chiara e un atto di giustizia verso la memoria storica di un popolo distrutto. Chi cancella il proprio passato non avrà mai un futuro. Esigiamo risposte concrete e, se necessario, coinvolgeremo anche i comitati di difesa del popolo meridionale.
Gravina In Puglia 14/06/2013
In Fede
Renna Rocco Michele
(Titolare de “Il Giglio Delle Due Sicilie”)
E questo accadeva due anni fa…
Veniamo a oggi.
In questi due anni, di violenze al patrimonio storico della città ne sono state fatte parecchie, e anche gravi. Non voglio soffermarmi su ognuna di esse, altrimenti non scriverei più un articolo, ma un intero libro di denuncia…
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foto di Vito carlucci |
Quello che mi hanno segnalato oggi è un fatto sconcertante: durante una delle cosiddette rigenerazioni storiche della città, un arco portante del canale acquedotto che sovrasta il ponte borbonico del ’700 della Madonna della Stella, sul torrente Gravina, è stato divelto.
Parliamo di un’opera fatta costruire da Ferdinando II di Borbone, su ordine diretto al principe Orsini, in seguito alla sua ultima visita del mese di maggio.
Presumibilmente, l’arco è stato danneggiato per il passaggio di una ruspa incaricata di ripulire e mettere in sicurezza via Giudici Montea, chiusa dopo il crollo di un tratto delle antiche mura della città, dovuto a incuria e abbandono.
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foto di Vito carlucci |
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foto di Vito carlucci |
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come era dopo la chiusura della via |
Naturalmente, per un po’ l’acqua non arriverà alle due fontane sotto il bastione. Ma il vero problema è un altro:
👉 l’arco, ingresso alla via Montea e parte integrante dell’acquedotto che alimenta le fontane, è stato smontato con cura e numerato pezzo per pezzo, per poterlo ricomporre a lavori ultimati?
Oppure è stato semplicemente distrutto, con la logica del “sono solo quattro tufi, li rimetteremo a posto alla meglio”?
Prometto ai lettori che, non appena avrò ulteriori informazioni, aggiornerò questo articolo. E nel frattempo vogliamo sperare che le nostre preoccupazioni siano state eccessive, e che i tecnici abbiano davvero agito nel rispetto della storia, salvaguardando un’opera unica nel suo genere.
Se invece – malauguratamente – l’arco fosse stato distrutto, non darò certo la colpa alla cultura storica di un operaio. Lui deve obbedire, deve lavorare, deve portare a casa il pane. La responsabilità ricade su chi ha il dovere di controllare, vigilare e tutelare. In quel caso, sarà inevitabile coinvolgere la Sovrintendenza e la popolazione, perché Gravina non può più permettersi simili ferite al suo patrimonio.
Aggiornamento – 28/08/2015
Con piacere apprendiamo che la ditta Mascellaro ha fornito chiarimenti: come sospettavamo, l’arco non è stato distrutto, ma smontato con attenzione, pezzo per pezzo, numerato e catalogato, così da poter essere ricollocato al termine dei lavori. La storia è salva, e con essa anche la professionalità dell’azienda.
Ecco la risposta pubblica della ditta ai post polemici apparsi su Facebook:
Michele Mascellaro:
«Credo che prima di pubblicare certi post occorra documentarsi circa l’avvenuto smontaggio, numerazione e catalogazione dei singoli pezzi dell’arco, smontato e non distrutto, esclusivamente per esigenze di accesso e organizzazione del cantiere. Mi sembra doveroso sottolinearlo, per dovere di cronaca e per rispetto delle professionalità e delle imprese coinvolte. Con la consueta stima, caro Nino. Ma mi sembra opportuno evitare di alimentare allarmismi inutili e strumentali... Grazie.»
Rocco Michele Renna
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