un falso storico propinato per vero dai nemici del popolo duosiciliano

un falso storico propinato per vero dai nemici del popolo

Genesi dell'espressione

Sebbene il facite ammuina non nasca affatto da un regolamento della marina borbonica, esso trae origine da un fatto storico realmente accaduto (anche se dopo la nascita della Regia Marina italiana). Un ufficiale napoletano, Federico Cafiero (1807 - 1888), passato dalla parte dei piemontesi già durante l'invasione del Regno delle Due Sicilie, venne sorpreso a dormire a bordo della sua nave insieme al suo equipaggio e messo agli arresti da un ammiraglio piemontese, in quanto responsabile dell'indisciplina a bordo. Una volta scontata la pena, l'indisciplinato ufficiale venne rimesso al comando della sua nave dove pensò bene di istruire il proprio equipaggio a "fare ammuina" (ovvero il maggior rumore e confusione possibile) nel caso in cui si fosse ripresentato un ufficiale superiore, con lo scopo di essere avvertito e contemporaneamente di dimostrare l'operosità dell'equipaggio

Un falso storico

Da sx a dx: un retroammiraglio e un brigadiere della Real Marina del Regno delle Due Sicilie in gran tenuta. Napoli, 1851.

La falsità di questo testo è provata dal fatto che il regolamento della Real Marina del Regno delle Due Sicilie non ha mai annoverato un tale articolo; e che né Di Brocchitto né Bigiarelli risultano menzionati tra gli ufficiali della marina delle Due Sicilie in servizio nel 1841 o pochi anni più tardi. Tali cognomi sembrerebbero inoltre del tutto inventati, poiché il primo non trova riscontro in alcun archivio di cognomi italiani, mentre il secondo non fa assolutamente parte dell'onomastica delle Due Sicilie[6]. Infine, anche il grado di "Maresciallo in capo dei legni e dei bastimenti della Real Marina" è completamente inventato, non essendo previsto dai ruoli della Real Marina delle Due Sicilie.

Ad ulteriore supporto della sua natura di falso, va osservato che il regolamento della Real Marina, come tutti gli atti ufficiali, era redatto in italiano. Inoltre, anche l'esame linguistico del testo in napoletano solleva numerosi dubbi circa la sua autenticità, soprattutto a causa dell'uso dell'indicativo per la formulazione degli ordini. Ad esempio, la frase «chilli che stanno abbascio vann' ncoppa e chilli che stanno ncoppa vann' abbascio», non è correttamente costruita, in quanto andrebbe usata la forma «... jessero ncoppa...». Inoltre, nel XIX secolo l'uso del presente congiuntivo s'aremeni, osservabile nell'ultima frase, era certamente caduto in desuetudine, e sostituito dalla forma ottativa s'ar(r)emenasse.

Si tratta quindi di uno dei tanti aneddoti denigratori sulle forze armate borboniche. In realtà, la Real Marina del Regno delle Due Sicilie aveva una antichissima tradizione, tanto da avere dato origine nel 1735 alla Real Accademia di Marina, il più antico istituto del genere in Italia, la quale avrebbe poi a sua volta dato origine all'Accademia Navale di Livorno. Posta sotto le cure attente dell'ammiraglio inglese John Acton, e costantemente rifornita dai Cantieri navali di Castellammare di Stabia di nuove unità, tra cui numerose navi a vapore, la marina militare napoletana era lo strumento principale di difesa del Regno delle Due Sicilie. L'importanza di tale forza armata per la difesa del Regno è testimoniata dal fatto che la defezione quasi totale delle sue unità durante l'invasione piemontese del Regno delle Due Sicilie, e la successiva sua partecipazione all'Assedio di Gaeta, fu una delle cause strategiche della sconfitta delle truppe borboniche.

L'efficienza della flotta militare napoletana era tale, che nell'Italia appena unificata, in cui spesso furono estese istituzioni e legislazione del regno di Sardegna, per volontà di Cavour, la Regia Marina adottò invece le uniformi, i gradi e i regolamenti di quella borbonica. In particolare, fu l'ammiraglio piemontese Carlo Pellion di Persano a sponsorizzare l'adozione dei regolamenti napoletani anche per la marina piemontese, dato che erano considerati più agili e moderni di quelli usati da quest'ultima.

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