LA BRIGANTESSA VITTORIA LONGO, UNA LOTTATRICE IN CHIAVE MODERNA
La storia,
cosiddetta, risorgimentale, è costellata di donne che, seguendo i propri
uomini, ne imitavano le gesta: le chiamavano brigantesse. Non sarà però una
delle tante brigantesse della seconda metà dell’ottocento il tema di questo
articolo, bensì di una molto più vicina a noi: la Brigantessa Vittoria Longo.
Brigantessa,
proprio così! Una lottatrice in chiave moderna, si può dire. Una che “si dedica, con passione e
perseveranza, alla ricerca storica nel campo della storiografia
risorgimentale”, portando avanti la lunga battaglia per far riconoscere la
verità su un periodo che, per anni, è stato ammantato di falso mito. Lo fa con
l’attenzione e l’obiettività dello storico, unita alla passione mista
all’orgoglio e alla dignità di una figlia di questa terra. Anche le sue
origini, infatti, sembrano un segno del destino: nata in provincia di Caserta,
in quella che un tempo veniva chiamata “Terra di lavoro”, è originaria di
quella Pontelandolfo che, insieme a Casalduni sono state considerate, a giusta
ragione, martiri del Risorgimento.
Tutti quelli
che hanno o hanno avuto modo di avvicinarsi, per vari motivi, alla vera storia
di quello che era il Regno delle Due Sicilie prima dell’arrivo dei piemontesi, sono
“passati”, per forza di cose, da lei. Io ne so qualcosa, visto che, per
realizzare il mio volume a fumetti “Gli sciacalli”, l’ho contattata per
conoscere da lei, che ha spulciato diversi documenti d’archivio (anche
sconosciuti ai più), ogni notizia, dettaglio, particolare di quella tragica
storia. Va detto che, per tale motivo, varie sono state e sono le sue
collaborazioni: ha scritto il primo capitolo del libro “Stragi ed eccidi dei
Savoia durante il risorgimento” (Westindian edizioni- Molinara (BN)- 2013), ha
collaborato con persone del calibro di Antonio Ciano, Valentino Romano,
Giuseppe Marino. Conosce, inoltre, Pino Aprile, Gennaro De Crescenzo,
Alessandro Fumia, Eugenio De Simone ecc. con i quali, spesso, si confronta
sugli argomenti risorgimentali. Ha, inoltre, partecipato a diversi importanti
convegni tra Benevento, Roma, Caserta e la Calabria. Ha in preparazione una
curatela su Antonino Cappello, un giovane siciliano torturato nel 1863; sta
ultimando le ricerche su Fumel, correlato alle stragi avvenute in Calabria e
sul brigantaggio locale. Sta approfondendo, inoltre, gli studi sulla massoneria
legata ai garibaldini e, sicuramente, molte altre cose, in futuro, porteranno
la sua affidabile firma.
Una
lottatrice in chiave moderna, dicevo. Certo ma anche, non dimentichiamocelo,
una donna. Riesce, infatti, a conciliare questa sua meticolosa attività di
ricerca, con il suo lavoro di insegnante (è laureata in scienze dell’educazione
e della formazione, con un master in tecniche educative e didattiche) presso
l’I.S.I.S. di Castel Volturno, in provincia di Caserta, dove ha un ottimo
rapporto con tutti i suoi alunni e, definirli tali, risulta piuttosto
riduttivo. "E poi uno si chiede perché una docente è amata dai suoi studenti.
Semplice!!! Ci mette il cuore, vede negli studenti tanti figli. E questo viene
avvertito e ricambiato.” (Valentino Romano)
Da vera
brigantessa qual è, però, non dimentica gli affetti. Ha un figlio al quale ha
dedicato un libro, “Come un chicco di grano” (edizioni Paoline-Milano-2015),
una sorta di epistolario con un bimbo ospitato, per nove mesi, nel suo ventre,
volume che è stato accolto da un meritato successo di pubblico (più di 1.500
copie vendute in 8 mesi) e anche critiche entusiastiche. Ne volete qualche
esempio? Eccovi serviti:
(Giuseppe
Marino)
“è stata davvero una bellissima sorpresa
quella di stamattina quando collegandomi a internet mi è balzata agli occhi la
copertina del bellissimo libro di Vittoria Longo, "Come un chicco di
grano", ed. Paoline, del quale ho avuto l'incommensurabile piacere e il
grandissimo onore di aver scritto una piccola prefazione. La storia della
maternità di questa donna eccezionale, con le sue gioie, i suoi timori, le sue
ansie, le sue trepidazioni, l'impazienza per la lunga attesa del lieto evento
quando finalmente il chicco di grano e la madre che lo porta in grembo si
incontreranno e, contemporaneamente l'angoscia, la paura che qualcosa possa non
andare per il giusto verso, è di una bellezza indescrivibile, un qualcosa che
ti coinvolge, ti commuove, ti appassiona. Un raro esempio di "poesia in
prosa". Mi fermo qui perché il resto voglio riservarmelo per quando avrò
il piacere di partecipare alla presentazione di questa eccellente opera. Sursum
corda, Brigantessa; sei grande!”
“… Quando
Vittoria mi ha chiesto gentilmente di scrivere la prefazione, dopo aver letto
d'un fiato il suo lavoro, ho accettato con piacere, pur non condividendo alcune
sue idee, conquistato dalla sua poetica, dalla bellezza, dalla purezza e dalla
ricchezza di contenuto dei trepidanti dialoghi con "chicco di grano."
davvero un libro da non perdere quello della scrittrice campana.”
(Valentino
Romano)
“…Questo
testo non è solo un libro, è una testimonianza, è un dono. Un tenero dono
d'amore, un'eredità preziosa per il figlio, una iniezione di serenità per
tutti. Vittorio è fortunato ad avere una mamma del genere, capace di trasferire
sulla carta emozioni e stati d'animo; fortunati tutti noi per poterli
condividere, orgoglioso io per averlo già potuto leggere. Tenerissimo è
l'incontro tra mamma e figlio, un inno alla vita insomma: alla serenità e alla
gioia di vivere. Da tutti noi, grazie Vittoria, per averci dato la possibilità
di "assistere" alla tua più bella lezione: quella della vita! E che
la vita ti sia serena accanto a chi - ricambiato - ti ama!!!”
(Giuseppe
Antonio Martino)
“…L’autrice,
senza la pretesa di proporre nuove teorie esistenziali o filosofiche, ma
offrendo soltanto uno spaccato di quotidianità, afferma la sacralità della vita
di un essere umano sin dal primo istante del suo concepimento e rivendica con
coraggio il suo ruolo di madre e di donna.”
Lottatrice,
perché si è trovata a combattere (e lo fa tutt’ora!) pure con i “piemontesi e
gli ascari” della vita e perché la stessa vita non le ha riservato solo gioie
ma anche tanta sofferenza (forse troppa e immeritata) che però ha saputo
superare con la sua signorilità di gattopardiana memoria ma, proprio come un
felino, riesce sempre a sfoderare i suoi denti e artigli acuminati per
difendersi dalle tante (troppe e, anche in questo caso, immeritate!) critiche
(per usare un termine educato…) che, in questi anni, le sono piovute addosso.
Ma chi la conosce sa di che pasta è fatta la nostra Brigantessa: è fatta di
acciaio, morbido e malleabile al fuoco della sincerità ma duro e praticamente
indistruttibile quando diventa freddo a causa del ghiaccio dell’ipocrisia
Alessandro De Leo.
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