vescovo di Gravina e Montepeloso Alfonso Maria Cappetta (1859-1871) un brigante inconsapevole


 

Del vescovo di Gravina e Montepeloso Alfonso Maria Cappetta (1859-1871)
Visse il suo episcopato in pieno Risorgimento italiano. La sua permanenza nella Diocesi fu caratterizzata da un periodo politico particolare: la fine del Regno delle Due Sicilie, la perdita del potere di Francesco II e tutti gli avvenimenti che portarono all’Unità d’Italia. A seguito della della rivoluzione e dello sbarco di Garibaldi  ( sarebbe meglio definirla prima invasione da parte di Garibaldi in Sicilia), molti vescovi del Regno di Napoli furono costretti a fuggire perché considerati "borbonici". Su molti presuli furono esternati giudizi non molto positivi: assieme a molti, mons. Cappetta fu considerato, seppur persona caritatevole, nient'affatto affidabile sul piano politico, in quanto filo borbonico.
Ma nonostante ciò mons. Cappetta rimase al suo posto in mezzo alle sue "pecorelle", anche se dovette fare i conti con sacerdoti che aderirono alla lotta armata, come don Matteo Abruzzese di Gravina, arrestato per detenzione di armi e munizioni.
Il 1860 fu segnato dai conflitti utili per l’unità d’Italia. Nel Meridione noti furono i moti insurrezionali dei comitati di Potenza ed Altamura, che dichiarano decaduto Francesco II di Borbone e l’unita d’Italia. La Chiesa filo borbonica ebbe parte attiva nell’informare la pubblica sicurezza su eventuali azioni da parte delle forze ribelli. Ad esempio, un’informativa al Comitato di Potenza avvisava che da Napoli partiva un sacerdote di Gravina, Nicola Manfredi, che avrebbe raggiunto la città di Lecce per documentarsi sugli uomini e sulle azioni del comitato ribelle locale e riferire il tutto alle autorità e forze di polizia.
Il novello Stato nazionale dovette affrontare i rapporti con la Chiesa annullando il concordato del 1818 ed estendendo all'ex territorio borbonico la legislazione sabauda del 1850. Sulla base di ciò, furono soppressi gli Ordini religiosi che non operavano nell'ambito dell'assistenza agli infermi e nella beneficenza.
La documentazione di quel periodo evidenzia la sofferenza della Chiesa pugliese, costretta a operare con precarietà e in condizioni di frattura con il nuovo Stato laico. A questo si aggiungevano personaggi anticlericali.
Comunque mons. Cappetta non si lasciò corrompere quando a causa della soppressione degli Ordini Religiosi, anche il Seminario di Gravina fu richiesto dallo Stato. Egli lottò con tutte le sue forze protestando, insieme ad altri vescovi viciniori con lo stesso problema, e ottenendo altresì che non fossero soppressi quattro monasteri femminili. Mons. Cappetta fu inviso dal nuovo governo, così, quando giungevano delle truppe a Gravina, veniva requisito il Palazzo Vescovile, questo per spingere il vescovo ad abbandonarlo. Mons. Cappetta, per nulla intimorito, rispondeva con pacatezza ...." E' vero che in Acerenza avrei il palazzo di famiglia, ove non sarei soggetto a questi insulti; ma è vero pure che se Dio avesse voluto liberarmi da tante mortificazioni, non mi avrebbe affidato il Vescovado, e quindi imposto l'obbligo di starmene accanto del gregge anche a costo della mia vita...."
E sulla stessa questione al governatore Vincenzo Rogadeo, mons. Alfonso rispose con il seguente tono:
" Pregevolissimo Signor Governatore,
educato alla Scuola del Vangelo non posso non ammirare i nobili sentimenti che Ella nutre verso la Gran Patria Italiana e quindi con Lei condividerli anch'io, nella stessa che mi viene circoscritta dall'Apostolato per la riforma dè costumi e dall'incivilimento cristiano. Epperò non tralascio di assicurarLa Sig. Governatore, che come per lo innanzi così per l'avvenire, non cesserò mai di predicare più col fatto che con la parola a questo popolo, dalla Provvidenza alle mie cure pastorali affidato, quali siano i voleri di Dio nel regolare i destini d'Italia. Mi auguro di mantenere in questa Diocesi per il bene delle anime e delle aspirazioni italiane, l'ordine e la tranquillità pubblica che sono la manifestazione d'un popolo civile e cristiano. Sono questi i miei voti che umilio all'Altissimo ogni mattina sull'altare dell'incuento Sacrificio e mi attendo che siano esauditi. Colgo intento questa occasione per dedicarLe i sensi della mia più sentita stima, con che passo a segnarmi.
Suo D.mo Ser.o ed Om.o + Alfonso Maria
Il clima surreale che si respirava produsse il brigantaggio post unitario.
scritto da Saverio paternoster e appunti in blu di Rocco Michele Renna
Fonte:
Saverio Paternoster
Don Alfonso MAria cappetta

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