il solco argilloso e Angelina Romano 8 anni, trucidata dai liberatori italiani 1862, martire dell'invasione italiana
– castellammare del golfo,
Il 30 Giugno del 1861, pochi mesi dopo la proclamazione dell’Unità d’Italia viene pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del Regno, la legge che istituiva la leva militare obbligatoria per i nati in Sicilia nel 1840. E questo fu il primo orrendo regalo del nuovo regno appena nato.
Nel registro dei defunti della Matrice di Castellammare si legge: "Romano Angela filia Petri et Joanna Pollina consortis. Etatis sua an.9 circ. Hdie hor.15 circ in C.S.M.E Animam Deo redditit absque sacramentis in villa sic dicta della Falconera quia interfecta fuit a militibus regis Italiae". Sintetizzando c’è scritto che alle ore 15 circa, fu uccisa nella contrada di Falconera, dai soldati del Re d’Italia, Angela Romano di quasi 9 anni, che ha reso l’anima a Dio senza avere potuto avere i Sacramenti.
Addì 3 gennaio 1862 Venerdì , Romano Angelina, di anni 9, fucilata, accusata di 'brigantaggio'. Questo quanto risulta dall'archivio storico militare, questo e tanto altro ancora la "storia ufficiale" non ha mai raccontato. Il, 3 gennaio, ricorre l'anniversario della fucilazione della piccola angelina, la più giovane vittima fra quelle che, in qualche modo, la storia siciliana racconta.
Il giorno seguente, venerdì 3 gennaio, i bersaglieri perlustravano i dintorni di Castellammare e, giunti in contrada Falconiera, vi stanarono uno sparuto gruppo di paesani che si erano lì rifugiati perchè terrorizzati dagli eventi della giornata precedente. Tra loro anche Don Benedetto Palermo, parroco del paese. Il drappello di militari venne raggiunto dal generale Quintini che dopo un interrogatorio sommario e senza alcun processo, diede ordine di fucilare quei popolani.
L’accusa? Essere parenti degli insorti.
*Angela Romano, una bimba di 9 anni, era riuscita a nascondersi all'arrivo delle truppe e da dietro un cespuglio osservava atterrita quanto accadeva a pochi passi da lei. Era rimasta immobile e in silenzio per tutto il tempo, spaventata dalle urla dei militari e sconvolta dalle percosse che subivano i suoi compaesani. Mordeva la stoffa della maglia che indossava per sopprimere ogni gemito di paura. Consapevole che qualcosa di orribile stava per accadere, Angelina, pensò: “Chi sono questi militari dallo strano accento e con i cappelli piumati? Cosa vogliono dal prete e dagli altri? Perchè non se ne vanno?” Poi vide la sua gente trascinata con forza verso un muro mentre inutilmente imploravano, piangevano e urlavano al cielo le loro ultime preghiere. Li misero in fila uno di canto all'altro allineandoli con il calcio del moschetto: per primo Antonio Corona, di anni 70; poi Angelo Calamia, di anni 70 anch'egli; il prete, Don Benedetto Palermo, di anni 43; Mariano Crociata, di anni 30; Anna Catalano, di anni 50 e Marco Randisi, di anni 45. Non ha resistito Angelina e il pianto dirompente la fece scoprire dai soldati che la spinsero fuori dal cespuglio e, in lacrime, la gettarono ai piedi di Anna Catalano che la sollevò e la strinse forte a sé. Piangeva Angelina, aggrappandosi all'ampia gonna di Anna che nell'ultimo materno abbraccio cercava di proteggerla dal piombo infame che di lì a poco avrebbe fatto scempio delle sue innocenti carni. Davanti agli occhi della bambina, incredula e smarrita, una fila di uomini in divise dai bottoni e dalle bardature scintillanti. Le baionette erano ferme mentre ciascun bersagliere già mirava al petto della vittima prescelta, pronto a farne grondare il sangue sulla nuda terra in nome dell'Unità. Fiero del suo operato e pronto a uccidere, la voce secca del generale Quintini, fermò il vento e ammutolì anche il singhiozzare della povera Angelina, in un eterno attimo di dolore:
“Puntate! Mirate! Fuoco!”
Era venerdì, 3 gennaio e faceva freddo mentre Angelina, vittima del risorgimento, esalava l’ultimo respiro della sua, fin troppo breve, vita.
Castellammare del Golfo - Trapani- 3 gennaio 1862, Venerdì.
IL SOLCO ARGILLOSO ( racconto di Vittoria Longo, Sicilia 1862)
In un solco argilloso, di una campagna arsa dal fuoco del sole e per mano dei “liberatori”, giace, semi-scucita, una minuscola bambola di pezza. Ha il vestito di canapa e un grembiule a fiori. I capelli sono due ciuffi di lana neri, raccolti con un nastrino annodato a fiocco. Gli occhi, sono due bottoncini da camicia, naso a patatina e la bocca sorridente da bimba spensierata, che si appresta al gioco. È li, nel campo incenerito dal fuoco nemico, col volto rivolto per terra; per schivare i raggi cocenti del sole o per timore dell’uomo nero? Resta li ferma, senza vita, intorno a lei un silenzio assordante e l’odore acre del bruciato. Mani esperte di mamma, con ago, filo e lana, avevano confezionato, con amore, quella bambola. Era il dono per una piccina che di li a poco avrebbe compiuto nove anni. Le sue piccole braccia l’avrebbero coccolata, amata; sarebbe stata compagna di giochi e confidente fedele di piccoli e dolci segreti. Ma è lì, col volto schiacciato tra le zolle di terra, ignara che a pochi metri giace il corpicino della piccola Angelina. È l’inverno del 1862, a Castellamare del Golfo, nonostante la stagione fredda il sole è caldo, vuole riscaldare i due corpicini non avendo il coraggio di abbandonarli. Era trascorso un anno da quando il governo Piemontese aveva mandato in Sicilia il generale Covone, con l’ordine di proclamare lo stato di assedio ed emanare la legge marziale. I soldati piemontesi ebbero “libero arbitrio” decidendo della vita e della morte di poveri civili . Il malcontento generale aumentò con il proclama della legge sulla leva obbligatoria, che i siciliani non conoscevano sotto i Borbone, e che li avrebbero allontanati dalla propria terra e famiglia per sette lunghi anni. In molti lasciarono le proprie abitazioni, rifugiandosi nei boschi dei monti circostanti, ma il freddo, la mancanza di cibo e le condizioni non certo favorevoli, portarono quest’ultimi, guidati da Francesco Frazzitta e Vincenzo Chiofalo a ribellarsi contro l’esercito piemontese. Armati alla meglio scesero dai monti dirigendosi verso l'abitazione del Commissario di leva e quella del Comandante della Guardia Nazionale ammazzando i commissari governativi e bruciando le loro case. La repressione dei Piemontesi si ebbe il giorno dopo, quando al porto attraccarono due navi da guerra da cui scesero centinaia di bersaglieri, pronti a vendicarsi e nei rastrellamenti perpetrati ne fecero le spese anche persone estranee ai fatti tra cui: Mariana Crociata cieca, analfabeta, di anni trenta; Marco Randisi di anni 45, storpio, bracciante agricolo, analfabeta; Benedetto Palermo di anni 46, sacerdote; Angela Catalano contadina, zoppa, analfabeta, di anni cinquanta; Angela Calamia di anni settanta, analfabeta; Antonino Corona, di anni settanta, e la piccola Angelina Romano accusata come gli altri di brigantaggio tutti fucilati, per ordine del Generale sabaudo Pietro Quintino. Nessun processo, nessuna sentenza! I condannati avevano infranto l'articolo 3 di un editto speciale atto a "reprimere" la resistenza dei lealisti borbonici: "Chiunque verrà incontrato per le vie interne o per le campagne con provvigioni alimentari superiori ai propri bisogni o con munizioni di fuoco per ingiustificato uso, sarà fucilato" Ma di quale crimine può macchiarsi un angelo innocente di soli otto anni e due mesi? Quale bestia riesce a puntare il fucile su una bambina inerme? Magari tra le mani reggeva un tozzo di pane raffermo che l’avrebbe sfamata per un giorno, poiché con il loro arrivo avevano “liberato” le case anche dal cibo. Angelina scorrazzava felice nei campi, i suoi lunghi capelli neri le carezzavano il viso al soffio del vento e gli occhi ridenti erano speranzosi di vita. Le sue grida felici accompagnavano, mesi prima, il lavoro dei contadini intendi ad arare e seminare i campi di grano, che facevano da cornice all’ innocenza. Ma il vento caldo del sud fu spazzato via da quello gelido del nord. Le grida che adesso si odono, sono quelle di dolore, i profumi campestri sono coperti dal tanfo della morte, lo sgambettare frenetico della bimba sostituito dalla marcia lugubre dei cappelli piumati. Un dipinto di morte dove la tela è troppo piccola per contenere tutte quelle vittime. Ma Angelina, è minuta, basta un colpo di pennello per ritrarla. Ferma, sola, tra le grida strazianti di chi perisce intorno a lei, fissa la fredda canna di quel fucile e gli occhi gelidi del suo assassino. Non una parola, non un gemito, stringe a se quel duro pezzo di pane, lo stringe tanto forte che sembra difenderlo. Le lacrime rigano le dolci e ormai, pallide gote, le dita dei piedi nudi e polverosi, iniziano un frenetico movimento, sa che tutto sta per finire. Un pensiero va alla mamma, che spesso la cullava sulle sue ginocchia e al papà quando al crepuscolo ritornando dal lavoro, lei le correva incontro. Un boato squarcia il cielo azzurro, gli uccelli appollaiati sui rami degli alberi prendono un volo improvviso, sembrano impazziti e il corpicino esamine di Angelina cade a terra. Gli occhi rivolti al cielo, la piccola mano libera il tozzo di pane, non più duro perché intriso del suo sangue; ed è in questo connubio di pane e sangue che la nostra piccola si lega a Dio, come l’alleanza di Cristo con gli uomini, attraverso il sacrificio della sua morte che si rinnova nel rito della comunione. Il “piumato” soddisfatto raggiunge i suoi compagni mentre Angelina può finalmente, contemplare la sua pace. Distesa in un un solco argilloso, col suo vestitino di canapa, capelli neri, naso a patatina, sorride ad un passerotto venuto a farle compagnia; lui la guarda e timido si avvicina, beccando, amaramente, quel tozzo di pane.
Il 30 Giugno del 1861, pochi mesi dopo la proclamazione dell’Unità d’Italia viene pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del Regno, la legge che istituiva la leva militare obbligatoria per i nati in Sicilia nel 1840. E questo fu il primo orrendo regalo del nuovo regno appena nato.
Nel registro dei defunti della Matrice di Castellammare si legge: "Romano Angela filia Petri et Joanna Pollina consortis. Etatis sua an.9 circ. Hdie hor.15 circ in C.S.M.E Animam Deo redditit absque sacramentis in villa sic dicta della Falconera quia interfecta fuit a militibus regis Italiae". Sintetizzando c’è scritto che alle ore 15 circa, fu uccisa nella contrada di Falconera, dai soldati del Re d’Italia, Angela Romano di quasi 9 anni, che ha reso l’anima a Dio senza avere potuto avere i Sacramenti.
Addì 3 gennaio 1862 Venerdì , Romano Angelina, di anni 9, fucilata, accusata di 'brigantaggio'. Questo quanto risulta dall'archivio storico militare, questo e tanto altro ancora la "storia ufficiale" non ha mai raccontato. Il, 3 gennaio, ricorre l'anniversario della fucilazione della piccola angelina, la più giovane vittima fra quelle che, in qualche modo, la storia siciliana racconta.
Il giorno seguente, venerdì 3 gennaio, i bersaglieri perlustravano i dintorni di Castellammare e, giunti in contrada Falconiera, vi stanarono uno sparuto gruppo di paesani che si erano lì rifugiati perchè terrorizzati dagli eventi della giornata precedente. Tra loro anche Don Benedetto Palermo, parroco del paese. Il drappello di militari venne raggiunto dal generale Quintini che dopo un interrogatorio sommario e senza alcun processo, diede ordine di fucilare quei popolani.
L’accusa? Essere parenti degli insorti.
*Angela Romano, una bimba di 9 anni, era riuscita a nascondersi all'arrivo delle truppe e da dietro un cespuglio osservava atterrita quanto accadeva a pochi passi da lei. Era rimasta immobile e in silenzio per tutto il tempo, spaventata dalle urla dei militari e sconvolta dalle percosse che subivano i suoi compaesani. Mordeva la stoffa della maglia che indossava per sopprimere ogni gemito di paura. Consapevole che qualcosa di orribile stava per accadere, Angelina, pensò: “Chi sono questi militari dallo strano accento e con i cappelli piumati? Cosa vogliono dal prete e dagli altri? Perchè non se ne vanno?” Poi vide la sua gente trascinata con forza verso un muro mentre inutilmente imploravano, piangevano e urlavano al cielo le loro ultime preghiere. Li misero in fila uno di canto all'altro allineandoli con il calcio del moschetto: per primo Antonio Corona, di anni 70; poi Angelo Calamia, di anni 70 anch'egli; il prete, Don Benedetto Palermo, di anni 43; Mariano Crociata, di anni 30; Anna Catalano, di anni 50 e Marco Randisi, di anni 45. Non ha resistito Angelina e il pianto dirompente la fece scoprire dai soldati che la spinsero fuori dal cespuglio e, in lacrime, la gettarono ai piedi di Anna Catalano che la sollevò e la strinse forte a sé. Piangeva Angelina, aggrappandosi all'ampia gonna di Anna che nell'ultimo materno abbraccio cercava di proteggerla dal piombo infame che di lì a poco avrebbe fatto scempio delle sue innocenti carni. Davanti agli occhi della bambina, incredula e smarrita, una fila di uomini in divise dai bottoni e dalle bardature scintillanti. Le baionette erano ferme mentre ciascun bersagliere già mirava al petto della vittima prescelta, pronto a farne grondare il sangue sulla nuda terra in nome dell'Unità. Fiero del suo operato e pronto a uccidere, la voce secca del generale Quintini, fermò il vento e ammutolì anche il singhiozzare della povera Angelina, in un eterno attimo di dolore:
“Puntate! Mirate! Fuoco!”
Era venerdì, 3 gennaio e faceva freddo mentre Angelina, vittima del risorgimento, esalava l’ultimo respiro della sua, fin troppo breve, vita.
Castellammare del Golfo - Trapani- 3 gennaio 1862, Venerdì.
IL SOLCO ARGILLOSO ( racconto di Vittoria Longo, Sicilia 1862)
Vittoria Longo scrittrice |
Documento rinvenuto da Francesco Bianco |
In un solco argilloso, di una campagna arsa dal fuoco del sole e per mano dei “liberatori”, giace, semi-scucita, una minuscola bambola di pezza. Ha il vestito di canapa e un grembiule a fiori. I capelli sono due ciuffi di lana neri, raccolti con un nastrino annodato a fiocco. Gli occhi, sono due bottoncini da camicia, naso a patatina e la bocca sorridente da bimba spensierata, che si appresta al gioco. È li, nel campo incenerito dal fuoco nemico, col volto rivolto per terra; per schivare i raggi cocenti del sole o per timore dell’uomo nero? Resta li ferma, senza vita, intorno a lei un silenzio assordante e l’odore acre del bruciato. Mani esperte di mamma, con ago, filo e lana, avevano confezionato, con amore, quella bambola. Era il dono per una piccina che di li a poco avrebbe compiuto nove anni. Le sue piccole braccia l’avrebbero coccolata, amata; sarebbe stata compagna di giochi e confidente fedele di piccoli e dolci segreti. Ma è lì, col volto schiacciato tra le zolle di terra, ignara che a pochi metri giace il corpicino della piccola Angelina. È l’inverno del 1862, a Castellamare del Golfo, nonostante la stagione fredda il sole è caldo, vuole riscaldare i due corpicini non avendo il coraggio di abbandonarli. Era trascorso un anno da quando il governo Piemontese aveva mandato in Sicilia il generale Covone, con l’ordine di proclamare lo stato di assedio ed emanare la legge marziale. I soldati piemontesi ebbero “libero arbitrio” decidendo della vita e della morte di poveri civili . Il malcontento generale aumentò con il proclama della legge sulla leva obbligatoria, che i siciliani non conoscevano sotto i Borbone, e che li avrebbero allontanati dalla propria terra e famiglia per sette lunghi anni. In molti lasciarono le proprie abitazioni, rifugiandosi nei boschi dei monti circostanti, ma il freddo, la mancanza di cibo e le condizioni non certo favorevoli, portarono quest’ultimi, guidati da Francesco Frazzitta e Vincenzo Chiofalo a ribellarsi contro l’esercito piemontese. Armati alla meglio scesero dai monti dirigendosi verso l'abitazione del Commissario di leva e quella del Comandante della Guardia Nazionale ammazzando i commissari governativi e bruciando le loro case. La repressione dei Piemontesi si ebbe il giorno dopo, quando al porto attraccarono due navi da guerra da cui scesero centinaia di bersaglieri, pronti a vendicarsi e nei rastrellamenti perpetrati ne fecero le spese anche persone estranee ai fatti tra cui: Mariana Crociata cieca, analfabeta, di anni trenta; Marco Randisi di anni 45, storpio, bracciante agricolo, analfabeta; Benedetto Palermo di anni 46, sacerdote; Angela Catalano contadina, zoppa, analfabeta, di anni cinquanta; Angela Calamia di anni settanta, analfabeta; Antonino Corona, di anni settanta, e la piccola Angelina Romano accusata come gli altri di brigantaggio tutti fucilati, per ordine del Generale sabaudo Pietro Quintino. Nessun processo, nessuna sentenza! I condannati avevano infranto l'articolo 3 di un editto speciale atto a "reprimere" la resistenza dei lealisti borbonici: "Chiunque verrà incontrato per le vie interne o per le campagne con provvigioni alimentari superiori ai propri bisogni o con munizioni di fuoco per ingiustificato uso, sarà fucilato" Ma di quale crimine può macchiarsi un angelo innocente di soli otto anni e due mesi? Quale bestia riesce a puntare il fucile su una bambina inerme? Magari tra le mani reggeva un tozzo di pane raffermo che l’avrebbe sfamata per un giorno, poiché con il loro arrivo avevano “liberato” le case anche dal cibo. Angelina scorrazzava felice nei campi, i suoi lunghi capelli neri le carezzavano il viso al soffio del vento e gli occhi ridenti erano speranzosi di vita. Le sue grida felici accompagnavano, mesi prima, il lavoro dei contadini intendi ad arare e seminare i campi di grano, che facevano da cornice all’ innocenza. Ma il vento caldo del sud fu spazzato via da quello gelido del nord. Le grida che adesso si odono, sono quelle di dolore, i profumi campestri sono coperti dal tanfo della morte, lo sgambettare frenetico della bimba sostituito dalla marcia lugubre dei cappelli piumati. Un dipinto di morte dove la tela è troppo piccola per contenere tutte quelle vittime. Ma Angelina, è minuta, basta un colpo di pennello per ritrarla. Ferma, sola, tra le grida strazianti di chi perisce intorno a lei, fissa la fredda canna di quel fucile e gli occhi gelidi del suo assassino. Non una parola, non un gemito, stringe a se quel duro pezzo di pane, lo stringe tanto forte che sembra difenderlo. Le lacrime rigano le dolci e ormai, pallide gote, le dita dei piedi nudi e polverosi, iniziano un frenetico movimento, sa che tutto sta per finire. Un pensiero va alla mamma, che spesso la cullava sulle sue ginocchia e al papà quando al crepuscolo ritornando dal lavoro, lei le correva incontro. Un boato squarcia il cielo azzurro, gli uccelli appollaiati sui rami degli alberi prendono un volo improvviso, sembrano impazziti e il corpicino esamine di Angelina cade a terra. Gli occhi rivolti al cielo, la piccola mano libera il tozzo di pane, non più duro perché intriso del suo sangue; ed è in questo connubio di pane e sangue che la nostra piccola si lega a Dio, come l’alleanza di Cristo con gli uomini, attraverso il sacrificio della sua morte che si rinnova nel rito della comunione. Il “piumato” soddisfatto raggiunge i suoi compagni mentre Angelina può finalmente, contemplare la sua pace. Distesa in un un solco argilloso, col suo vestitino di canapa, capelli neri, naso a patatina, sorride ad un passerotto venuto a farle compagnia; lui la guarda e timido si avvicina, beccando, amaramente, quel tozzo di pane.
ANTONIO CIANO RACCONTA COME HA SCOPERTO L'ASSASSINIO DELLA PICCOLA ANGELINA ROMANO FUCILATA DALLA FECCIA PIEMONTESE!
Fucilata il 3 Gennaio 1862 a 8 anni e 2 mesi !
Antonio Ciano Scrittore |
"......Ebbene,
quella ragazzina di otto anni e due mesi, fu fucilata a Castellammare
del Golfo, si chiamava Angelina Romano, stava giocando a Crì Crì quando
fu presa dai bersaglieri. Aveva fame, era quasi l'una di pomeriggio, e
i soldati del regio esercito italiano, comandati dal generale
Quintini, le riempirono la pancia di piombo. Il Regio Esercito
Italiano, è scritto in latino sul libro dei defunti della chiesa madre
di Castellammare: " Romano Angela filia Petri et Joanna Pollina
consortis. Etatis sua an.9 circ. Hdie hor.15 circ in C.S.M.E Animam Deo
redditit absque sacramentis in villa sic dicta della Falconera quia
interfecta fuit at MILITIBUS REGIS ITALIE. Eius corpus sepultum est in
campo sancto novo." Questa trascrizione venne fatta a posteriori dal
parroco della chiesa madre perchè i piemontesi ordinarono di non far
trascrivere i morti per quattro giorni. La gente non doveva sapere ciò
che stava accadendo a Castellammare del Golfo. I bersaglieri di
Quintini stavano massacrando i contadini repubblicani che protestavano
contro i savoia, avanzavano con la bandiera rossa repubblicana (quella
di Mazzini) e gridavano " Viva la repubblica" Probabilmente Angelina fu fucilata perchè forse, era parente di qualche renitente alla leva. Ci
tengo a dire che quell'esercito non era italiano, era solo savoiardo e
piemontese. La ricerca mi è stata possibile grazie alla Signora Linda
Cottone che mi ha accompagnato a Castellammare dallo storico locale
Francesco Bianco, che ha avuto accesso agli archivi della chiesa
madre....."
Fonte : Antonio Ciano
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