IL PATTO STATO -MAFIA, DA GARIBALDI A ROCCO CHINNICI di Vittoria Longo


Vittoria Longo
Il termine Mafia pare che sia stato associato per la prima volta a un gruppo di delinquenti nel 1863, allorché fu rappresentata con grande successo un’opera teatrale intitolata "I mafiusi di la Vicaria"
La vicenda, ambientata nel carcere di Palermo (la Vicaria, appunto), aveva come protagonisti alcuni criminali, che dopo essersi macchiati di vari delitti si pentono( uguale a oggi).
Il termine fu utilizzato anche nel 1865, dal marchese Filippo Antonio Gualterio, prefetto di Palermo, in un rapporto sulla situazione politica del capoluogo siciliano, inviato al ministero degli Interni. La grafia usata era
Maffia diversa da quella che poi si impose nell’uso, e designava chiunque si opponesse al nuovo Stato nazionale;
Giordano Bruno Guerri, ricorda nel suo libro "Il sangue del sud" che il Gualterio affermò, in una delle sue opere:<< il popolo che abitava l'Italia meridionale (ex Regno delle Due Sicilie) era separato dal progresso non per motivi storici ma "per diversità razziale"
In Sicilia,nel maggio del 1860, allo sbarco di Garibaldi, accorsero in aiuto dei garibaldini i famosi "picciotti” e i più capi-mafia dell’epoca come Giuseppe Coppola di Erice i fratelli Sant’Anna di Alcamo, i Miceli di Monreale, Santo Mele e Giovanni Corrao. Quest'ultimo, diverrà generale garibaldino e che verrà ucciso 3 anni dopo nell’agosto del 1863 in un agguato.Lo storico Giuseppe Carlo Marino, nel suo libro ”Storia della mafia”,racconta l'impresa di Garibaldi e come sia stato determinante la presenza e l'aiuto dei mafiosi in Sicilia, poichè senza di loro, l'eroe dei due mondi non avrebbe potuto assolutamente avanzare. Come, del resto, sarebbe incorso in grandi difficoltà logistiche se, quando giunto Napoli, nel settembre del 1860, non avesse avuto l’aiuto determinante dei camorristi che, schierandosi apertamente al suo fianco, gli assicurarono il mantenimento dell’ordine pubblico con i loro capi Tore de Crescenzo , Michele “o chiazziere” e tanti altri. Un' aiuto determinante da parte dei mafiosi (cosa potevano fare, quale impresa eroica potevano compiere 1000 "giubbette rosse"?) che,oggi, piaccia o non ai risorgimentalisti, ci fanno capire che la malavita diede, per sua convenienza, un fortissimo contributo all’Unità d’Italia. Un vergognoso e riprovevole contributo, ignorato dai libri di scuola e dalla storiografia ufficiale come, d'altronde, tutta la storia del Risorgimento. Una testimonianza la da il mafioso italo-americano originario di Castellammare del Golfo( paese conosciuto per la forte repressione del 1862 e la fucilazione di Angelina Romano), Giuseppe Bonanno, conosciuto come Joe Bananas, che nel suo libro autobiografico “Uomo d’onore”, a cura di Sergio Lalli, a proposito della storia della sua famiglia, a pagina 35 del libro in questione, così testualmente descrive l’apporto dato dalla mafia all’impresa garibaldina. “Mi raccontava mio nonno che quando Garibaldi venne in Sicilia gli uomini della nostra ‘tradizione’ ( mafia) si schierarono con le camicie rosse perché erano funzionali ai nostri obbiettivi e ai nostri interessi”. Con l’Unità d’Italia, quindi, e con il contributo delle "Giubbette Rosse" la mafia, tenuta a distanza e soffocata dai Borbone nell'italia pre-unitaria, esce allo scoperto, legittimandosi a tutti gli effetti. Da quel momento diverrà una piovra dai tentacoli lunghissimi, che invaderà l'intero stivale. Un Cancro maligno, le cui metastasi sono dappertutto e non si riesce a trovare la cura( o forse, le "case farmaceutiche" hanno buoni motivi per non trovarla?! Mah!) Di questa trasformazione della mafia, dall’Italia pre e post unitaria, ne era convinto il giudice Rocco Chinnici, il fondatore del pool antimafia di cui allora fecero parte Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Giuseppe Di Lello.In un convegno a Grottaferrata nel 1978, organizzato dal Consiglio Superiore della magistratura ebbe testualmente a pronunciarsi: “Riprendendo le fila del nostro discorso prima di occuparci della mafia del periodo che va dall’unificazione del Regno d’Italia alla prima guerra mondiale e all’avvento del fascismo, dobbiamo brevemente, ma necessariamente premettere che essa come associazione e con tale denominazione, non era mai esistita in Sicilia”. Ed ancora in un intervista:“La mafia è stata sempre reazione, conservazione, difesa e quindi accumulazione di risorse con la sua tragica, forsennata, crudele vocazione alla ricchezza. La mafia stessa è un modo di fare politica mediante la violenza, è fatale quindi che cerchi una complicità, un riscontro, un’alleanza con la politica pura, cioè praticamente con il potere”. Distrutto il potere, distrutta la mafia?!
P:S:
( fonti utlizzate per l'articolo: "Il sangue del sud" di G.B. Guerri, Linksicilia giornale on -line, "I mafiusi della Vicaria" opera in atti anno 1863, "La camorra" di Marc Monnier, La camorra e le sue storie di Gigi di fiore, "Origini della mafia in sicilia" di Percorsi di storia locale alcuni brani tratti dalle interviste del giudice Chinnici)
Vittoria Longo

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