LE NEVIERE MURGIANE
neviera
/ne·viè·ra/
sostantivo femminile
Grotta o cantina
in cui si raccoglieva in passato, nell'inverno, la neve da usarsi nella
stagione calda per il raffreddamento di cibi e bevande.
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Chiesa neviera San Magno https://mapio.net/pic/p-70372221/ |
La neve in passato da qualcuno era considerata una
maledizione divina, perché rovinava alcune colture agricole, pregiudicando i
raccolti, mentre da altri una fonte di reddito e sopravvivenza perchè permetteva che alcuni cibi, durante il periodo estivo, non adassero a male.
La ‘niviera’ o ‘neviera’
(NEVERA in spagnolo = frigorifero in italiano), antico manufatto architettonico, composto da
una cisterna o pozzo, a pianta rettangolare, scavata nella roccia con una
profondità che varia tra 4 e i 12 mt., e con struttura sovrastante in pietra
calcare, avente volta a botte e tetto in pietra. Presenta sulla volta, una
apertura di ‘scarico’, ed altre due laterali.
In questi particolari depositi, i nostri avi, dopo aver trasportato e
stivato la neve, con il trascorrere di qualche mese, avevano a disposizione un
enorme riserva di ghiaccio.
La prima traccia storica dell'utilizzo di una ghiacciaia si
ha dai tempi degli antichi Sumeri, descritta nella Tavoletta di Zimri-Lim, re
di Mari, concernente la costruzione di una ghiacciaia a Terqa nel 1780 a.C.
circa. L'utilizzo dal 1825 di un taglia-ghiaccio trainato da cavalli, rese più
facile ed economica il suo uso negli Stati Uniti e portò un impulso alla sua
diffusione fino al 1930, anno dell'avvento del frigorifero meccanico. Infatti i
primi frigoriferi domestici del 1913 erano in realtà un armadio contenente un
blocco di ghiaccio prodotto nelle ghiacciaie. Grazie alla meccanizzazione e la
concorrenza del mercato, il costo del ghiaccio commerciale scese e divenne
accessibile anche alle fasce meno abbienti della società. In un certo senso, la
diffusione e il successo di massa del primo frigorifero a ghiaccio
(ghiacciaia), dette impulso all'invenzione del frigorifero meccanico.
La neviera, oggi, può
essere considerata a tutti gli effetti, un monumento di archeologia agricolo-
industriale, da tutelare e salvaguardare per le future generazioni, le neviere erano sparse su tutto il territorio italiano
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Neviera Arcibessi ,Sicilia, foto wikipedia |
Nella nostra Regione, vista la conformazione orografica del
territorio, le neviere, venivano costruite in prevalenza nei declivi dei
terreni, all’interno di grandi masserie, castelli, palazzi gentilizi, e
talvolta costruite all’interno delle mura del paese. Innanzitutto, cos'è la
neviera? È un locale sotterraneo in cui un tempo si raccoglieva la neve da
usarsi per tenere in fresco i cibi e le bevande.
Fino a pochissimo tempo fa non esistevano frigoriferi e robe
di questo genere che permettessero una conservazione dei cibi anche durante la
calura estiva. E allora cosa si faceva? Si depositava il ghiaccio nella neviera
per poterli conservare. Quest'ultima, caratterizzata da una struttura
quadrangolare in muratura era dotata di una apertura circolare posta sulla
volta. Inoltre vi erano ricavate una o due porticine laterali utilizzate per
prelevare il ghiaccio.
All'interno profondo circa due metri, l'isolamento era
garantito da uno spesso strato di foglie secche, mentre la copertura esterna
veniva isolata tramite uno strato di paglia e terriccio. Sul fondo vi era un
canale di scolo che permetteva all'acqua di defluire all'esterno e di non
compromettere quindi il restante materiale. Tali accorgimenti garantivano la
conservazione del ghiaccio per tutto il periodo estivo.
Alla neviera,
lavoravano circa 10-15 operai, che al primo cadere della neve, con cura la
raccoglievano dai campi, e la trasportavano in loco. All’interno della neviera,
operavano altri operai chiamati “insaccaneve”. Questi con i piedi e le loro
scarpe avvolte in sacchi di canapa, calpestavano e compattavano con cura la
neve nella cisterna. Chiaramente le scarpe erano foderate, per evitare che
durante la “stivatura”, la neve venisse contaminata da corpi estranei.
Gli stessi erano muniti di appositi attrezzi di legno,
chiamati “Paravisi”, questi avevano forma rettangolare, cm.40X30, ed infisso al
centro avevano un manico in legno alto circa un metro. Con tale pesante attrezzo,
gli operai compattavano la neve depositata, e dopo aver “constipato” il primo
strato di neve che doveva avere uno spessore di circa cm. 40, nella parte
laterale della cisterna, inserivano della paglia, utile per isolare la neve
dalle pareti, creando una intercapedine. Compattato il primo strato di neve, lo
si copriva con uno strato di paglia, detta “Cama” (dal termine in
spagnolo=letto). E successivamente, se ne formavano altri strati successivi,
fino al raggiungimento del bordo superiore della cisterna. L’ultimo strato di
paglia era il più abbondante, e sopra di esso si ponevano numerosi sacchi di
canapa, ed un po’ di terra. La chiusura della neviera, avveniva utilizzando
alcune pesanti tavole, che premevano su tutti gli strati di neve sottostante.
Per ultimo le tavole venivano coperte da grandi teli di canapa, e su di esse,
si sovrapponevano rami di ginestre e fascine di mandorlo, andando a creare una
ulteriore camera d’aria, questa era necessaria per non far sciogliere la neve.
Poi l’escursione termica notturna provocava raffreddamenti, che con le
rifusioni diurne, permettevano alla neve di trasformarsi in ghiaccio.
Per evitare lo
scioglimento del ghiaccio durante il trasporto dalla neviera allo spaccio di
vendita, gli operai, dopo averlo tagliato utilizzando grosse accette, erano
soliti deporlo in sacchi di canapa contenenti paglia pulita, e lo caricavano
sulla groppa di asini o sui traini. Tutte le fasi della lavorazione, erano
sotto il controllo attento del proprietario o dell’appaltatore della neviera.
Nel tempo lo sviluppo del commercio del ghiaccio divenne
talmente importante da far porre l'istituzione di una gabella sulla neve.
Infatti, dal 1625 fu applicata un'imposta sulla neve che
durò sino al 1870, e dal 1640 venne concesso l'appalto per l'approvvigionamento
del ghiaccio ad un unico imprenditore.
Il prezzo del ghiaccio, che non poteva essere superiore a 3
“grana” (unità monetale del Regno delle Due Sicilie) per rotolo (unità di
misura del peso, pari a circa 80 kg), era comprensivo della gabella che
l’appaltatore doveva versare al comune. A sua volta la gabella era comprensiva
di una modesta somma che l’appaltatore versava alla chiesa dedicata alla
protettrice della neve.
Le gare d’appalto per la vendita della neve si bandivano
attraverso l’affissione di “manifesti”, e gli appaltatori dovevano sempre
essere garantiti, solidalmente, da una persona del posto di indubbia moralità.
Tra le condizioni dell’appalto, che poteva durare uno o più anni, si stabiliva
che la neve doveva essere fornita solo dagli appaltatori aggiudicatari e
venduta dai dettaglianti scelti dal Comune. In caso di mancata fornitura della
neve, l’appaltatore era soggetto al pagamento di una multa ed in caso di
recidiva anche all’arresto personale.
Dai primi anni del
Novecento , come abbiamo gia detto prima, la fornitura di neve è stata soppiantata dalla produzione industriale
di ghiaccio, venduto fino a tempi recentissimi, ovvero sino all'avvento del
frigorifero, abbandonando all'oblio del tempo le antiche neviere.
Le neviere erano sparse su tutto il territorio, in
particolare ricordiamo quelle della “Murgia del Ceraso” (m 459 s.l.m.), “Murgia
Lama Rosa” (m 485 s.l.m.), e “Jazzo Sentinella” (m 491 s.l.m.), dove residuano
vari manufatti per lo stoccaggio della neve.
Rocco Michele Renna
Rocco Michele Renna
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