QUANDO FOGGIA FU COPERTA DALL'OMBRA NERA DEL VESUVIO
Oggi, 16
dicembre del 1630, a causa dell'eruzione del Vesuvio, a Foggia piove cenere per
un paio di giorni. Disagi e incendi ovunque in città
(dall'Agenda 2014 della Fondazione Banca del Monte di Foggia.
Progetto editoriale: Filippo Santigliano. Ricerca e testi: Davide Grittani.
Editing e curatela: Saverio Russo, Filippo Santigliano)
Il 30 agosto 1630, il Vesuvio cominciò ad eruttare grosse
fiamme di fuoco seguite da continue scosse sismiche; il fenomeno, per ben
sedici mesi, interessò solo la città di Napoli e dintorni, ma dal 16 dicembre
dell'anno successivo investì tutto il Reame.
La sera del martedì, sedici dicembre, verso le ore 20 (a
cinque ore di notte) su Foggia cominciò a piovere cenere; la poca gente che per
quell'ora stava ancora in strada, vide all'improvviso piovere dal cielo fango
seguito da un insopportabile odore di uova marcite.
In breve tempo venne
dato l'allarme all'intera popolazione che, abbandonata l'abitazione in un
baleno, invase le strade; furono fatte suonare le campane di tutte le chiese,
il cui cupo suono intensificò, nell'animo della gente, lo spavento ed il terrore.
Si trascorse la notte all'addiaccio; l'aria era irrespirabile per il cattivo
odore e, tra l'altro, se non ben cautelati, la cenere avrebbe accecato chiunque
non avesse preso le opportune precauzioni.
La mattina seguente il cielo apparve rossiccio, ma verso
mezzogiorno si oscurò all'improvviso come sera inoltrata, per cui una
precipitosa fuga nelle chiese causò non pochi incidenti e altri ne sarebbero
seguiti se, dopo una consistente scossa tellurica prima, e numerosi tuoni poi,
il cielo non si fosse cominciato a schiarirsi.
Lo spavento ed il terrore, per sei giorni consecutivi ed
interminabili, tra pioggia di cenere e di fango, cupi tuoni, scosse telluriche
e schiarite, avevano ormai raggiunto ogni limite di sopportazione umana, per
cui la popolazione, non intravedendo un rasserenamento, cadde nel più triste
panico; pareva giunta la fine del mondo e, pertanto, preghiere ed invocazioni,
promesse e confessioni pubbliche si levarono alte al cielo.
Le quotidiane attività ebbero una generale sospensione, ognuno
temendo il peggio, trascorreva la giornata in stato di allarme sotto l'incubo
ed il timore di una imminente e triste fine.
Cominciarono a scarseggiare i viveri, i forni non
panificavano tutti, solo pochi, per cui la produzione era insufficiente; le autorità
sospesero ogni affare pubblico-amministrativo e non sapevano cosa dover e poter
fare.
Quando tutto sembrava volgere al peggio, finalmente l'alba
del 24 dicembre (1631) apparì ai tristi foggiani di buon auspicio; il cielo
riprese il suo azzurro naturale, la terra non tremò più e la vita, se pur con
gran timore, riprese lentamente il suo ritmo.
Si seppe che nei dintorni del Vesuvio, ben 17 paesi vennero
gravemente danneggiati, molti furono i feriti ed i morti e che quella cenere
giunse fino a Costantinopoli. Durante questi tristi giorni di terrore e di
spavento il Convento dei Cappuccini di Via San Severo accolse tra le sue mura
molti malati, bambini ed anziani; le celle ed ogni altro locale vennero
trasformati in dormitori e numerosi rifugi in legno furono eretti nel vasto
orto del convento.
Cesare
Rizzi - da manganofoggia.it
(tratto da: Foggia e l'antico Convento dei Cappuccini -
Gaetano Spirito)
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