"Quando Dio mi chiamerà al soggiorno della sua gloria"
"Quando Dio mi chiamerà al soggiorno della sua gloria"
a cura di don Massimo Cuofano
Re Francesco II |
"Quando Dio mi chiamerà al soggiorno della sua gloria, mi piegherò dinanzi alla sua Volontà e lo ringrazierò" .
Queste parole le ha espresse Re Francesco II di Borbone, e in questa visione ha vissuto la sua esperienza terrena.
è la visione
dell’uomo giusto, che è proiettato a realizzare nella propria vita tutto
il bene possibile, sapendo di doversi incontrare con il solo Signore
della storia, nelle cui mani dovrà versare i talenti ricevuti, al solo
che dovrà cantare il suo ringraziamento.
Siamo nella ricorrenza della sua morte, avvenuta ben 121 anni fa, il 27 dicembre del 1894, quando il “vero Re Galantuomo”,
così si espresse di lui Matilde Serao, un Re che ha vissuto eroicamente
le sue virtù cristiane, chiuse serenamente la sua vita terrena, per
andare incontro al Signore nella gloria.
Tutti piansero il Re buono, colui che la storia sembrava aver
dimenticato, il Re che ha sempre avuto come ideale di vita proprio
quella bontà,che nasceva dalla consapevolezza “di essere figlio della luce”.
Dunque sapeva di dover vivere la sua esperienza di Re cristiano, non
badando ai propri interessi e alle ambizioni del potere, ma al bene
della sua gente, a custodire la sua terra e il suo popolo nella pace,
nella concordia, nell’amore.
Ai tanti potenti del mondo sono stati scritti migliaia di epigrafi sulla terra, dove se ne vantano la superbia e la possenza, dimenticando che “la gloria, l’onore e la potenza appartengono al Dio del cielo”. Proprio in questa visione cristiana della regalità, Francesco II ha posto le fondamenta del suo essere Re. Suo unico pensiero, che ha manifestato sin dai primissimi giorni della sua incoronazione, “la felicità, il progresso, la salute dei suoi popoli”.
Questa volontà sacra e meritevole, non l’ha manifestata solamente negli editti e nei programmi, dai quali il Regno e l’Europa intera l’hanno potuta conoscere, ma nella realizzazione di azioni concrete. Nel poco tempo del suo regno si occupò per l’assistenza dei poveri, costruì e ampliò ospedali, fece bonifiche, organizzò la scuola di diritto internazionale e si occupò per l’istruzione della sua gente, fece nuovi progetti per la diffusione delle ferrovie, e altri decreti per la valorizzazione delle industrie e dell’economia, si adoperò perché la fede cristiana si conservasse sempre integra nel cuore della gente, operandosi anche per le opere caritative ed educative della Chiesa. Ma innanzitutto ha sempre mostrato il suo rispetto e la sua considerazione a ciascun suddito, sapendo vedere in chiunque quella immagine santa e incancellabile del Dio Altissimo. Seppe avere considerazione nei giusti, giustizia verso tutti, pietà e misericordia per i nemici.
Ai tanti potenti del mondo sono stati scritti migliaia di epigrafi sulla terra, dove se ne vantano la superbia e la possenza, dimenticando che “la gloria, l’onore e la potenza appartengono al Dio del cielo”. Proprio in questa visione cristiana della regalità, Francesco II ha posto le fondamenta del suo essere Re. Suo unico pensiero, che ha manifestato sin dai primissimi giorni della sua incoronazione, “la felicità, il progresso, la salute dei suoi popoli”.
Questa volontà sacra e meritevole, non l’ha manifestata solamente negli editti e nei programmi, dai quali il Regno e l’Europa intera l’hanno potuta conoscere, ma nella realizzazione di azioni concrete. Nel poco tempo del suo regno si occupò per l’assistenza dei poveri, costruì e ampliò ospedali, fece bonifiche, organizzò la scuola di diritto internazionale e si occupò per l’istruzione della sua gente, fece nuovi progetti per la diffusione delle ferrovie, e altri decreti per la valorizzazione delle industrie e dell’economia, si adoperò perché la fede cristiana si conservasse sempre integra nel cuore della gente, operandosi anche per le opere caritative ed educative della Chiesa. Ma innanzitutto ha sempre mostrato il suo rispetto e la sua considerazione a ciascun suddito, sapendo vedere in chiunque quella immagine santa e incancellabile del Dio Altissimo. Seppe avere considerazione nei giusti, giustizia verso tutti, pietà e misericordia per i nemici.
Proprio per queste alte virtù un suo
contemporaneo lo paragonò a due grandi sovrani santi, San Luigi di
Francia e San Ferdinando Re. Quindi l’epigrafe più reale al nostro Re,
lo ha realizzato Dio stesso, scrivendo il suo nome nel cielo.
Non ha mai lesinato di manifestare il
suo cattolicesimo, che sin dall’infanzia è stato insito in lui, il
Figlio della Beata Maria Cristina; un cattolicesimo mai bigotto e vano,
ma profondamente legato alla conoscenza della Sacra Scrittura, della
Teologia e della Dottrina della Chiesa. E non poteva non essere
altamente qualificata la sua fede, cresciuta alla scuola dei Gesuiti e
Scolopi napoletani, tra i più formati culturalmente e teologicamente.
Re Francesco con Papa Pio IX |
Inoltre certamente non sono mancati
rapporti con tanti uomini di fede del suo tempo, in particolare con il
napoletano San Gaetano Errico, fondatore dei Missionari dei Sacri Cuori,
consigliere di Re Ferdinando, e frequentatore della Famiglia Reale. Con
il santo francescano Ludovico da Casoria, con il quale collaborò in
alcune sue fondazioni, anch’egli amico e frequentatore della Casa Reale
sin dai tempi della Regina Maria Cristina.
La sua amicizia e il suo rapporto poi
con il Santo Romano Pontefice, il Beato Pio IX, non hanno fatto altro
che rafforzare la sua fede e il suo amore alla Chiesa Cattolica.
Quanti hanno voluto, forzatamente,
travisare questa fede, volendo fare di lui un personaggio superstizioso,
bigotto e fatalista. Invece la fede di Francesco di Borbone fu vissuta
nella vera devozione, rafforzata quotidianamente dalla preghiera e dai
Sacramenti, e con un vissuto di vera carità.
Il modello della regalità di Francesco
di Borbone è stato il Cristo Re, e come il Cristo è Sposo generoso e Re
amabile della Sua Chiesa, così lui è stato, nella stessa misura, lo
“Sposo” del suo popolo, e come “Re”, il padre disponibile, generoso,
attento, consapevole, pronto al sacrificio e alla morte.
Ma oltre grande Re cristiano, egli seppe
esserlo anche e soprattutto nella sfera umana. Dalla mente aperta alla
conoscenza e allo studio, seppe prepararsi ad essere un Re
coscienzioso, diligente, dotto, sapiente, giusto.
Nella concezione del nuovo mondo il
metro della sapienza lo si costruisce dalla capacità di essere furbi
nell’ingannare gli altri, nel desiderio di potere e conquista, pur
calpestando il diritto e la giustizia, nella bramosia della ricchezza a
costo di tutto.
Per Francesco II di Borbone, che volle
rimanere se stesso nei cambiamenti catastrofici di una rivoluzione senza
Dio, l’onestà e la dignità valevano più di ogni altra cosa.
Seppe essere l’uomo semplice e dotto
insieme, mite e buono verso il suo prossimo, ma franco e leale,
coraggiosamente forte nel combattere il male. Conoscitore non solamente
delle cose spirituali, ma illuminato sulle questioni politiche, sociali,
diplomatiche e militari. Seguiva con grande interesse e conoscenza le
vicende europee e italiane. Quelli che lo hanno conosciuto profondamente
e ne ammiravano le capacità, non hanno potuto fare altro che
testimoniare la grandezza della sua intelligenza, e che certamente
sarebbe stato per il nostro popolo il Re giusto, che avrebbe portato
alla nostra Nazione delle Due Sicilie, dignità, prosperità e sicurezza
immensa.
Una delle ultime foto del Re - Arco di Trento |
Fu il Re sapiente, che cercò attraverso
l’arte della diplomazia e dell’incontro di evitare questa guerra
fratricida e ingiusta,costretto a subire. Il Re mite e onesto, che non
poteva credere nella doppiezza, nell’inganno, nel tradimento. E come
poteva, lui, dal cuore limpido e onesto pensare che gli altri fossero
disonesti? Come poteva colui che era stato educato al rispetto delle
regole, della disciplina umana e militare, dei buoni e sani ideali, alle
virtù cristiane, credere che altri re, ministri, soldati, potessero
lasciarsi corrompere dall’ambizione e dalla potenza? Il suo sguardo di
Re e di Cristiano sapeva guardare più lontano delle meschinità che lo
circondavano. Sarebbero crollati quei poteri iniqui e quei tradimenti,
perché “mai ha durato lungamente l'opera della iniquità, ne sono eterne le usurpazioni”.
Fu il Re forte e coraggioso, che non si è lasciato sopraffare dal
pessimismo e dalla forza bruta del potere, ma ha saputo reagire
infondendo in tutti la speranza, il coraggio di lottare, il desiderio di
sopravvivere. Anche nel momento della sconfitta e del fallimento, ha
saputo avere parole di incoraggiamento e di speranza.
Non si è lasciato piegare dalle
calunnie, dalla povertà a cui era stato costretto, dalla sofferenza che
gli era stata provocata, sapendo vivere con dignità e rispetto. Dinanzi
all’ingiustizia seppe rispondere con una vita dignitosa ed onesta,
sapendo chinare il suo capo alla Volontà di Dio, rimanendo sereno in
ogni occasione della vita, tenendo sempre il suo cuore aperto alle
necessità e alle lacrime della sua gente.
Re Francesco II su letto di morte |
Per questo la sua morte fu accolta dalla commozione e dalle lacrime di tanti, specialmente dei “napoletani”, che ricordavano il Re generoso, amabile, benefico, sereno, “il Re adorabile”,
come lo rimpianse il giornale “la discussione” di Napoli all’indomani
della morte, che seppure forzatamente lontano dalla sua terra, ebbe
sempre il suo sguardo di Re, il suo amore di Padre, il suo pensiero di
Amico, rivolto al suo popolo delle Due Sicilie.
E oggi lo ricordiamo, consapevoli che lui, fedele “servitore”
dell’Eterno Re, ha saputo rischiare per amore di Dio, del suo prossimo.
Ha saputo realmente fruttare i suoi talenti, seppure circostanze e
situazioni gli remavano contro. È facile, poi, esprimere giudizi e
sentenze con la conoscenza del dopo, senza metterci nei panni di chi
vive nella situazione della lotta. Ha cercato, pur dovendo soffrire lui,
di portare meno sofferenze e distruzioni al suo popolo e alla sua
terra. Ha salvaguardato la città di Napoli, questa Napoli che dovrebbe
innalzargli un monumento di lode e ringraziamento. Ha lasciato aperta la
via della speranza e della riparazione, pur dovendo lui stesso soffrire
rinunce, prove, la miseria e l’esilio. A chi gli ricordava che “quella ingiusta rivoluzione” lo aveva ridotto a vivere nella povertà, egli rispondeva che “tanti del suo popolo erano nella stessa situazione, e lui non era migliore di loro”, e che “un altro Re, il più grande dei Re, il “Re dei re”, non aveva avuto neppure un sasso dove poter appoggiare la sua testa”.
Per questo non ha avuto paura mai di rinunciare anche al poco che aveva, pur di soccorrere la sua gente, i suoi poveri, mantenendo viva la sua “pietà” verso Dio e verso il prossimo, con un esempio di grande umanità e cristianità, che non lasciava insensibili quelli che avevano la gioia di incontrarlo e conoscerlo.
Fu un esempio per quella piccola cittadina sulle Alpi trentine, che lo vide ospite umile e discreto. Il primo ogni mattina alla celebrazione della Santa Messa, e al tramonto nella recita del Santo Rosario, nella bellissima Chiesa Collegiata della Vergine Assunta in Cielo, in Arco di Trento. Sempre sereno e amabile con tutti, seduto al piccolo bar del paese, nascosto nella sua semplicità, cordiale ed affabile.
Fu un esempio per i suoi familiari e per quanti l’avevano voluto seguire nel suo esilio, con la sua vita eroica di pazienza, di uomo mite e paciere, uomo di preghiera e carità.
Per questo non ha avuto paura mai di rinunciare anche al poco che aveva, pur di soccorrere la sua gente, i suoi poveri, mantenendo viva la sua “pietà” verso Dio e verso il prossimo, con un esempio di grande umanità e cristianità, che non lasciava insensibili quelli che avevano la gioia di incontrarlo e conoscerlo.
Fu un esempio per quella piccola cittadina sulle Alpi trentine, che lo vide ospite umile e discreto. Il primo ogni mattina alla celebrazione della Santa Messa, e al tramonto nella recita del Santo Rosario, nella bellissima Chiesa Collegiata della Vergine Assunta in Cielo, in Arco di Trento. Sempre sereno e amabile con tutti, seduto al piccolo bar del paese, nascosto nella sua semplicità, cordiale ed affabile.
Fu un esempio per i suoi familiari e per quanti l’avevano voluto seguire nel suo esilio, con la sua vita eroica di pazienza, di uomo mite e paciere, uomo di preghiera e carità.
Un esempio per tutti, e soprattutto per
noi che siamo qui a commemorarlo, perché da lui impariamo a saper
fruttare i doni che Dio ci ha dato, vivendo da veri cristiani, da uomini
e donne dai grandi ideali, dal cuore aperto alla generosità, al
perdono, a costruire, in questa società triste e confusa dalla crisi
economica, morale, istituzionale, una società migliore.
...nella gloria |
Il pio e generoso Re Francesco ora è
lassù, certamente con la sua Beata Mamma, con la Vergine Immacolata,
patrona principale dell’antico Regno, con quel “Re dei re” che fu il
modello della sua esistenza, e prega per la nostra Napoli, per questo
antico popolo delle Due Sicilie, per la sua Famiglia, prega per le
nostre miserie e le nostre sofferenze, prega per questa nostra terra
martoriata e ingannata dalle ingiustizie e dai soprusi, prega per
ciascuno di noi, perché all’ombra della sacra e antica bandiera del
nostro passato, possiamo costruire nella concordia comune il nostro
futuro.
fonte: Fondazione Francesco II
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